Provengono dalle collezioni Intesa Sanpaolo le opere in mostra nella città d'arte toscana, nella cornice di Palazzo Buontalenti. La prima tappa di questo progetto, che prevede due fasi successive, si focalizza sulle opere tradizionali, per quanto innovative nel linguaggio, realizzate tra il 1945 e il 1960.
È Palazzo Buontalenti, a Pistoia, la sede di entrambe le tappe della mostra Italia Moderna 1945-1975. Dalla Ricostruzione alla Contestazione. Le oltre 150 opere provenienti dalle collezioni Intesa Sanpaolo, appositamente selezionate per l’occasione dal curatore Marco Meneguzzo, consentono di aprire un varco in tre decenni di storia nazionale. Fino al 25 agosto, nella città toscana sarà possibile visitare Le macerie e la speranza, primo episodio di questa narrazione in due fasi, che proseguirà con Il benessere e la crisi, in apertura il 13 settembre prossimo.
A raccontare la premesse tematiche di questo complesso progetto espositivo è stato lo stesso Meneguzzo, che in una dichiarazione ha sottolineato come “il contesto dell’arte italiana tra il ’45 e gli anni ’70 accompagna l’evoluzione del Paese e spesso la anticipa: questa rassegna vuole mostrare proprio il fermento, il “brodo di coltura” entro cui si è sviluppata una nuova grande stagione dell’arte italiana, ormai riconosciuta anche internazionalmente“. Il viaggio verso la modernità dell’Italia viene raccontato facendo leva sui concetti di ricostruzione e contestazione, evocati nel titolo, intesi come “indicazioni culturali” per descrivere la rinascita del Paese.
Strutturata secondo tre sezioni, ciascuna delle quali occupa più sale del palazzo pistoiese – sede della Fondazione Pistoia Musei dedicata alle mostre temporanee, restaurati per l’occasione – Le macerie e la speranza offre un’immersione nelle tendenze artistiche che iniziarono a manifestarsi nel contesto italiano alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando alle macerie materiali si affiancarono anche quelli culturali. Il percorso espositivo si snoda tra opere di Emilio Greco, Renato Guttuso, Marino Marini, Gillo Dorfles, Enrico Baj, Afro, Tancredi, Carol Rama, Carla Accardi, Achille Perilli, Toti Scialoja, Alberto Burri, Ettore Colla, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Bruno Munari, Pietro Consagra, Giuseppe Capogrossi, Emilio Vedova, Giò Pomodoro e Fausto Melotti, solo per citare alcuni dei protagonisti di questa prima “tappa”.
Una pluralità di voci, tecniche e stili, funzionale a immergere il visitatore in un periodo nel quale i comportamenti sociali si sommano ai cambiamenti impressi nel territorio, nelle città, fino a raggiungere la dimensione privata delle case.
Come ha precisato ancora il curatore, “nelle rassegne collettive onnicomprensive, che intendono mostrare tutti gli scenari possibili dell’arte di un determinato periodo, la domanda che ci si deve porre sia a monte delle scelte – cioè prima della mostra, da parte della critica –, sia a valle – durante la mostra, da parte del pubblico – è se la mera scelta cronologica degli artisti e la loro suddivisione per tendenze e movimenti ormai consolidati sia attraversata anche da una sorta di continuum in grado di identificare una cultura unitaria, prima che si divida in mille rivoli stilistici. Esiste un modello italiano? Una o più caratteristiche peculiari di questa cultura artistica? Un modo, un’attitudine riconoscibile anche tra risultati formali diversissimi?“