1 Aprile 2019
Con oltre 70 pubblicazioni all’attivo, l'artista marchigiano concepì l’incisione, in particolare l’acquaforte, come un luogo di sperimentazione. L'Accademia di Belle Arti di Roma, da lui stesso frequentata, gli tributa un omaggio con una mostra che ha appena aperto i battenti.
Resterà aperta fino al 16 aprile, presso la sede di via Ripata dell’Accademia di Belle Arti di Roma di Roma, la mostra Luigi Bartolini. Linee di libertà Incisioni 1915-1936.
Originario delle Marche – nacque a Cupramontana, nel 1892 – e con una formazione conseguita proprio presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, l’artista condivide con Giorgio Morandi la fama di essere stato uno dei maggiori incisori italiani del Novecento.
Le 23 opere esposte nella Capitale – città in cui insegnò, divenendo anche un punto di riferimento per le giovani generazioni – sono state realizzate tra il 1915 e il 1936. A selezionarle il professor Giuseppe Modica insieme alla figlia dell’artista, che hanno puntato sulla ricerca di assonanze tematiche e di linee cronologiche.
Autore di versi, testi critici, romanzi – tra cui Ladri di biciclette, dal quale fu tratto il film omonimo di De Sica -, Bartolini venne punito per le sue posizioni critiche nei confronti del regime fascista, con il confino a Merano prima, a Roma poi.
Per il critico Giuseppe Appella, cui si deve uno dei testi inclusi nel catalogo che accompagna l’esposizione, le sue opere sono pervase “dal sottile sentimento fattoriano (il rispetto e l’ammirazione di Bartolini per Fattori sono ricordati in molti scritti) al grande amore per Goya, al sapiente e violento chiaroscuro di Rembrandt“. A qualificare il suo lavoro sul fronte della grafica d’arte fu anche Carlo Bo, che colpito dalla poesia della sua opera lo definì come “il più felice degli inventori, uno degli uomini più toccati dalla grazia poetica“.
[Immagine in apertura: Luigi Bartolini, Argonauta argo. La fragile conchiglia, 1936, acquaforte. Courtesy © Archivio privato ‘Luigi Bartolini’]