Liu Bolin parte da un principio tipicamente orientale, quello dell'identificazione del Sé con il Tutto, per affacciarsi sulla scena artistica mondiale. L'autore giunge ora a Milano, per la precisione al MUDEC, dove dal prossimo 15 maggio sarà inaugurata la grande mostra "Liu Bolin. Visible Invisible".
Performance, body painting, e non ultima, fotografia: l’artista cinese Liu Bolin è ormai noto in tutto il mondo per essere riuscito a fondere tre discipline in un unico, inedito percorso di ricerca. Le sue sono infatti performance “mimetiche”, in cui il suo corpo dell’autore riesce a fondersi pienamente con lo sfondo dell’ambientazione scelta di volta in volta.
Diventando “cosa tra le cose”, Liu Bolin si immerge – letteralmente – in luoghi iconici e identità culturali meno note, arrivando persino a “far proprie” alcune problematiche sociali, quali l’omologazione nell’epoca del consumismo – ben esplicitata nella serie Shelves, “scaffali” – e i movimenti migratori – portati alla ribalta in Migrants, che ha visto il coinvolgimento di alcuni rifugiati ospiti nei centri di accoglienza in Sicilia. Liu Bolin parte quindi da un principio tipicamente orientale, quello dell’identificazione del Sé con il Tutto, per affacciarsi sulla scena mondiale.
L’artista giunge ora a Milano, per la precisione al MUDEC, dove dal prossimo 15 maggio sarà inaugurata la grande mostra Liu Bolin. Visible Invisible, visitabile fino al 15 settembre.
La seconda esposizione fotografica ospitata dal museo milanese – dopo quella dedicata al rapporto tra Steve McCurry e gli animali – si pone come obiettivo quello di allargare il proprio sguardo anche oltre l’immagine, ripercorrendo di fatto l’attento processo creativo di Liu Bolin. Il performer può impiegare anche giorni, infatti, per studiare, allestire l’ambientazione e “dipingere” il proprio corpo, prima di arrivare a quel “momento decisivo” di pochi secondi in cui la fusione tra l’artista e lo scenario è completa e lo scatto viene realizzato. La conoscenza di questo meticoloso lavoro preparatorio sarà offerta ai visitatori con un’esperienza “di prima mano”: visitando la mostra – e la collezione permanente del MUDEC – si troveranno negli stessi ambienti, di fianco agli stessi pezzi che fanno da sfondo a uno scatto in mostra, realizzato da Liu Bolin all’interno del museo milanese in una performance appositamente concepita, un mese prima che venisse inaugurata la rassegna monografica.
Nella cinquantina di opere presenti nel percorso espositivo, lo scatto al MUDEC non è l’unico inedito presente. Meritano una menzione, infatti, anche l’immagine in cui Liu Bolin si mimetizza con la Pietà Rondanini al Castello Sforzesco di Milano e la fotografia – mai esposta prima – della Sala di Caravaggio alla Galleria Borghese di Roma, realizzata sempre quest’anno.
[Immagine in apertura: Liu Bolin, Duomo di Milano, dettaglio, 2010. Courtesy: Boxart, Verona]