Il Museum Voorlinden, ad alcuni chilometri da Rotterdam, ospita la prima mostra dell'artista classe 1962. Nei suoi lavori, spesso di scala architettonica, Do Ho Suh affronta temi universali, come la memoria, la ricerca dell'identità, la migrazione, sviluppati anche a partire dal contrasto tra gli Stati Uniti, dove vive e si è formato, e la Corea del Sud, suo Paese natale.
“Do Ho Suh realizza qualcosa che è possibile solo nei sogni. Connette luoghi e tempi diversi tra loro in installazioni incantevoli e mozzafiato. Suh riesce a dare espressione fisica al modo in cui portiamo il ricordo degli spazi dentro di noi. Ci rende consapevoli degli aspetti fisici e psicologici di uno spazio. ”
Sono parole cariche di suggestione quelle scelte da Suzanne Swarts – direttrice del Museum Voorlinden – per tracciare un ritratto dell’artista sudcoreano classe 1962, protagonista della prima grande mostra monografica dedicata alla sua opera in terra olandese. Visitabile dal 18 maggio al 29 settembre, la mostra Do Ho Suh è stata allestita proprio negli spazi del Museum Voorlinden, aperto nel 2016 nella cittadina di Wassenaar, a circa 30 chilometri di distanza da Rotterdam.
Cresciuto a Seoul, in una tradizionale abitazione sudcoreana costruita da suo padre, Do Ho Suh ha proseguito gli studi negli Stati Uniti. Il non facile trasferimento e il conseguente distacco dalle sue origini hanno in un certo senso “alimentato” – dal punto di vista concettuale – la sua produzione artistica, trovando una piena manifestazione in interventi scultorei e installazioni su scala architettonica nei quali la dimensione del ricordo è preponderante.
Affascinato fin dall’infanzia dall’architettura, nei suoi interventi dà vita a un “regno tra sogno e realtà” nel quale il visitatore è invitato a muoversi, esplorare, perdersi. Nelle sue opere affronta temi universali come l’appartenenza, la memoria, l’identità, la migrazione; allo stesso tempo, tenta di catturare l’attenzione degli osservatori e indirizzarla verso la dimensione privata dei ricordi sfuggenti, proponendo anche esperienze di conoscenza e attraversamento dello spazio fisico.
“Vedo la vita come un passaggio, senza un inizio o una destinazione fissi, tendiamo a concentrarci sempre sulla destinazione e a dimenticare gli spazi intermedi“, ha affermato Do Ho Suh, che in occasione di questo primo progetto espositivo in Olanda espone una selezione di installazioni scultoree, accanto a modelli in scala, disegni e video. Un corpus di lavori che permetterà di comprendere la sua capacità di abbracciare tecniche tradizionali e moderne, concependo risultati di notevole intensità, visiva e formale.
“In tempi di crescente globalizzazione e migrazione, è più importante che mai fermarsi a riflettere per un momento sul significato dei singoli luoghi. Il lavoro di Suh nasce dall’esigenza di scoprire i contorni di uno spazio e il concetto di identità. Questo è il risultato dell’esperienza personale dell’artista nel dover continuamente sradicare la sua esistenza. Anche il contrasto tra Stati Uniti e Corea del Sud gioca un ruolo importante nel suo lavoro: le culture dei due Paesi hanno prospettive molto diverse sull’individuo e sulla collettività“, ha dichiarato ancora la direttrice del Museum Voorlinden.
[Immagine in apertura: Do Ho Suh, Staircase-III (2003-2010), Tate: purchased with funds provided by the Asia Pacific Acquisitions Committee 2011 © Do Ho Suh. Photo: Antoine van Kaam]