Forte tra l'altro di una formazione in ambito architettonico, il percorso artistico di Nanda Vigo è tutto incentrato sulla percezione e il rapporto tra realtà materiale, spettatore e verità trascendenti. A cui ci permette di accostarci grazie alla luce, mezzo "smaterializzato" per eccellenza.
Dal prossimo martedì, 23 luglio, a Milano Palazzo Reale si illuminerà – letteralmente! – grazie alle opere di Nanda Vigo. Curata da Marco Meneguzzo, la mostra che l’istituzione milanese dedica all’arte contemporanea nel periodo estivo si intitola non a caso Light Project: è sulla luce, la trasparenza, l’immaterialità che l’artista (classe 1936, nata proprio a Milano) ha costruito sin dagli anni Sessanta la sua poetica.
Circa 80 opere, tra progetti, sculture e installazioni, ripercorrono appunto la carriera di Nanda Vigo, in quella che è a tutti gli effetti la prima esposizione antologica che un’istituzione italiana dedica all’autrice e architetta milanese.
Il successo di Vigo ha inizio con i Cronotipi del 1962: uno chassis metallico incastona vetri industriali e – talvolta – apparati di illuminazione al neon; passando attraverso il vetro, la luce si manifesta allo spettatore, costituendo il soggetto stesso dell’opera; manifestazione concreta – se così si può dire della luce – di leggerezza, immaterialità anche spirituale.
A questo primo ciclo di interventi artistici, Nanda Vigo fa presto seguire la progettazione – a volte con Lucio Fontana – di ambienti a tutti gli effetti, oltre alla produzione di specchi che riflettono una realtà sorprendente, grazie a un sapiente gioco di inclinazioni e tagli.
Parallelamente, l’artista è impegnata anche sul fronte dell’architettura e del design, come nel caso della sua collaborazione con Gio Ponti per la Casa sotto la foglia a Malo, nel 1965.
Proprio un’opera-ambiente è il punto focale dell’intero percorso espositivo. Un’intera stanza di superfici specchianti che offre al visitatore un’esperienza oltre la sua normale percezione: superando la materialità della vita quotidiana, il pubblico ha modo di sentire con tutti i senti una realtà “altra”, una comunione con il “tutto” derivante dalla contemplazione.
[Immagine in apertura: Nanda Vigo, Lights Forever, Deep Space, 2013, installation view, Galleria Allegra Ravizza, Lugano, foto Emilio Tremolada]