La mostra "Rothko in Lampedusa" accende i riflettori sulle opere degli artisti rifugiati. In un dialogo tra giovani emergenti e nomi di spicco del calibro di Ai Weiwei e Christian Boltanski.
Lo status di rifugiato è una condizione che accomuna molti artisti del XX secolo, in fuga dalle persecuzioni razziali, religiose e politiche, a quella dei tantissimi emigrati di oggi che arrivano stremati sulle coste italiane dopo viaggi rocamboleschi.
Da questo assunto prende le mosse la mostra Rothko in Lampedusa (nell’immagine in apertura, photo UNHCR/Alessandro Penso), in corso fino al 24 novembre al Palazzo Querini di Venezia, sede della Fondazione Ugo e Olga Levi. Una rassegna che mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficili condizioni di chi fugge dalla propria terra. Il titolo nasce dunque dall’accostamento dell’artista Mark Rothko, fuggito dalla sua Lettonia e accolto dagli Stati Uniti d’America, con l’isola siciliana di Lampedusa, sulle cui coste sbarcano ogni giorno centinaia di persone in cerca di protezione e accoglienza.
Organizzata dall’UNHCR, Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’esposizione mette in dialogo le opere di otto artisti internazionalmente affermati, tra cui Ai Weiwei, Adel Abdessemed e Christian Boltanski, con quelle di cinque artisti rifugiati emergenti.