Dalle postazioni arcade anni Novanta ai giochi iperrealistici di ultima generazione. All'Akron Art Museum, in Ohio, è in corso una rassegna sui punti d'incontro tra arte e videogame. A dire la loro artisti del calibro di Bill Viola e Cory Arcangel.
Non è la prima volta che un museo decide di analizzare l’impatto della “video game culture” sulla nostra società, chiamando all’appello una (relativamente) giovane generazione di artisti cresciuta a pane e Super Mario. Dopo l’enorme progetto dello scorso anno al Victoria & Albert Museum di Londra, a provarci è questa volta l’Akron Art Museum, in Ohio.
L’istituzione americana ha infatti da poco acceso i riflettori su Open World: Video Games & Contemporary Art, una mostra che tenta una ricognizione sull’argomento, attraverso i lavori di ventitré artisti internazionali, chiamati a interpretare punti di contatto e interferenze tra realtà e simulazione.
Organizzata da Theresa Bembnister, curatrice della rassegna, la mostra presenta dipinti, sculture, disegni, ma soprattutto opere mass-mediali, video e installazioni immersive. A legare ognuna delle opere l’analisi delle tematiche attuali del presente – violenza, migrazioni e uguaglianza di genere ‒ attraverso il linguaggio e gli strumenti offerti dal gioco elettronico – tra nostalgiche postazioni arcade e modelli di ultima generazione.
Alla fine del percorso – fruibile sino al 2 febbraio 2020 ‒, una domanda sembra inevitabile: può un videogame essere considerato un’opera d’arte? I lavori di artisti come Bill Viola, Cory Arcangel e Rachel Rossin vi aiuteranno (forse) ad avere le idee più chiare.
[Immagine in apertura: Tabor Robak, 20XX, 2013, HD video, real-time 3D, duration 6 minutes, 43 seconds, 80-inch monitor. Courtesy of the artist and team (gallery inc.)]