Per la prima volta il Turner Prize è stato assegnato a tutti i finalisti

4 Dicembre 2019


Che cosa hanno in comune Lawrence Abu Hamdan, Helen Cammock, Oscar Murillo e Tai Shan? Senza dubbio, il Turner Prize 2019. Nominati finalisti dell’ambito premio annuale, tra i più rilevanti riconoscimenti sul fronte dell’arte contemporanea, i quattro artisti hanno chiesto (e ottenuto) di renderlo collettivo. In altre parole, a differenza di quanto avvenuto a partire dal 1984, anno dell’istituzione del Turner Prize, l’edizione in corso sarà ricordata per l’assenza di un unico vincitore. A incoraggiare la giuria verso questa scelta è stata la comune posizione espressa dai quattro nominati: una motivazione profondamente connessa con l’attuale (complessa) situazione del Regno Unito.

ARTISTI INSIEME

Lawrence Abu Hamdan, Helen Cammock, Oscar Murillo e Tai Shan, che a quanto pare non si erano mai incontrati prima di entrare nella rosa dei finalisti del premio, hanno espresso in un comunicato il loro punto di vista: “In questo momento di crisi politica nel Regno Unito e in gran parte del mondo, quando c’è già così tanto che divide e isola le persone e le comunità, sentiamo di dover cogliere l’occasione del premio per fare una dichiarazione collettiva in nome dell’unità, della molteplicità e della solidarietà ‒ nell’arte come nella società“.

La loro richiesta è stata accolta dalla giuria, che per la prima volta in 35 anni ha attributo il premio in forma collettiva. Fino al 12 gennaio prossimo, le opere dei quattro artisti resteranno esposte negli spazi della Turner Contemporary, a Margate. Si tratta di lavori dai quale emerge con forza l’interesse e l’attenzione degli artisti verso le pagine più dure e cruente della nostra attualità: migrazione, patriarcato, tortura e diritti civili sono infatti gli ambiti tematici presi in esami.

[Immagine in apertura: Tai Shani, installation view of DC: Semiramis, Glasgow International 2018. © Keith Hunter. Courtesy the artist]