Opere calligrafiche, kimono, fotografie e varie altre testimonianze artistiche giapponesi, databili tra il XIV e il XX secolo, sono esposte nelle sale della Villa Reale di Monza in occasione di un'importante mostra aperta fino al 2 giugno.
Se vi chiedessero di indicare le figure più rappresentative del Giappone tradizionale, molto probabilmente pensereste alle stesse al centro della nuova mostra di Villa Reale a Monza. Al via il 30 gennaio, Giappone. Terra di geisha e samurai associa infatti i due soggetti – uno maschile, l’altro femminile – che hanno conquistato un posto d’onore nell’immaginario collettivo, anche grazie alla “popolarità” acquisita tramite artisti e scrittori.
Insieme rappresentano il cuore dell’esposizione in apertura, concepita dal curatore Francesco Morena nella forma di un “viaggio iniziatico in Giappone” reso possibile mediante l’unione di opere provenienti da due collezioni private. Nel percorso espositivo, fruibile fino al 2 giugno, i visitatori possono infatti incontrare una selezione di manufatti raccolti negli anni da Valter Guarnieri, databili tra il XIV e il XX secolo, e alcuni kimono di Lydia Manavello, esperta conoscitrice di tessuti asiatici. Entrambi trevigiani, i due collezionisti sono accomunati dalla passione verso la scena artistica e creativa dell’Estremo Oriente.
Ampia e trasversale è la panoramica che il progetto espositivo intende tratteggiare della produzione artistica tradizionale dell’arcipelago giapponese. Accanto alle presentazioni della geisha, intesa come modello di saggezza, intelligenza e beltà femminile, e dei valorosi samurai, la mostra adotta il criterio delle isole tematiche per introdurre vari aspetti della storia e del costume locali.
Tra i focus proposti, infatti, quello sulle divinità, alcune locali, altre di derivazione asiatica. Ad esempio, a ricordare l’influenza esercitata dal Buddhismo, penetrata dall’India al Giappone tramite Cina e Corea, è un gruppo di dipinti raffiguranti Daruma realizzati su rotoli verticali. Spazio anche al teatro Kabuki, al rapporto della popolazione locale con la Natura e le sue forze, mutuato dallo Shintoismo, alla calligrafia. La mostra, infine, include una sezione dedicata alla fotografia, con scatti evocativi di un Paese che solo a metà dell’Ottocento, dopo oltre due secoli di consapevole isolamento, scelse di aprirsi al resto del mondo.
[Immagine in apertura: Yoshu Chinkanobu, Passatempi di beltà femminili in un giorno nevoso, trittico di xilografie policrome in formato oban, 35,5×70,5 cm, firmata Il pennello di Yoshu Chikanobu, 1838-1912]