Un nuovo volume fotografico ripercorre le vicende degli italiani nella New York del secondo Novecento. Una raccolta di immagini d'archivio straordinarie, accompagnate dalla prefazione di uno dei più celebri figli della comunità italo-americana, il regista Martin Scorsese.
Siamo – e soprattutto siamo stati – un popolo di migranti, di gente partita con valigie di cartone in cerca di fortuna. Accolti dagli stessi pregiudizi che spesso riserviamo a chi arriva oggi nel nostro Paese, gli italiani hanno riempito interi quartiere delle capitali più grandi del mondo, affrontando difficoltà, umiliazioni, ma anche mettendo a segno incredibili conquiste che hanno contribuito a renderci uno dei popoli più intraprendenti della storia.
Fra le mete più gettonate dei “viaggi della speranza”, New York occupa senza dubbio un posto d’eccezione. Dalla fine dell’Ottocento a oggi, la Grande Mela ha infatti rappresentato un porto sicuro per milioni di connazionali: una meta ambita da braccianti, piccoli proprietari terrieri e più recentemente da giovani qualificati, in fuga alla ricerca di una vita migliore.
Un nuovo volume portato in libreria da Damiani punta i riflettori sul tema, prendendo ad esempio il luogo simbolo delle migrazioni italiane oltreconfine: Little Italy, il quartiere situato nella parte meridionale di Manhattan noto per l’altissima presenza di italoamericani – prevalentemente napoletani, siciliani, pugliesi e calabresi che qui decisero di trasferirsi nella metà del XX secolo.
Curato da Susan Meiselas, Virginia Bynum e Angel Marinaccio, il libro – dal titolo Tar Beach. Life on the Rooftops of Little Italy – raccoglie uno straordinario corpus di fotografie scattate tra il 1940 e il 1970 sui tetti del celebre quartiere. È qui infatti che le famiglie si riunivano abitualmente per festeggiare matrimoni, comunioni, raduni tra parenti ed eventi speciali: luoghi sicuri e indisturbati, in cui ritrovarsi fuori dal caos delle città, liberi di parlare in dialetto e di esprimersi senza la paura dei pregiudizi esterni.
“I tetti erano i luoghi dell’evasione, i nostri santuari”, racconta Martin Scorsese nell’introduzione al volume. “Bastava percorrere quella rampa di scale perché la folla, la sporcizia, il rumore costante, il caos, la claustrofobia, sparissero d’improvviso. Lì potevi respirare. Potevi sognare. Avresti potuto farlo”. Un libro intelligente, che offre uno sguardo inedito sul nostro passato e più di uno spunto per riflettere sui limiti e sulle contraddizioni del nostro presente: tra ciò che eravamo, e ciò che siamo diventati.
[Immagine in apertura: ‘Tootsie’ Viviano cooling off under her homemade shower, 96 Elizabeth Street, 1964]