Il mito di Andy Warhol da New York a Torino

13 Ottobre 2020

© Photograph by Fred W. McDarrah/MUUS Collection

Non ho mai voluto essere un pittore. Volevo diventare un ballerino di tip-tap”. L’intera parabola creativa di Andy Warhol si inserisce nel sottile confine tra riflessione intellettuale e provocazione, fra nonsense e critica al sistema economico del suo tempo. Una formula per certi versi sfuggevole – perché espressa in maniera apparentemente fredda e impersonale – eppure coinvolgente, al punto da consegnare il suo nome alla storia come uno dei più emblematici e significativi del Novecento.

Un nuovo evento espositivo (in apertura il prossimo 24 ottobre) si prepara a tagliare il nastro presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi, nell’area metropolitana di Torino. È qui, nella straordinaria cornice della residenza sabauda, che l’araldo della Pop Art sarà presto ospite, con una rassegna ricca di oltre settanta opere ufficiali selezionate per raccontarne il mito.

ANDY WARHOL A TORINO

Realizzata grazie alla fruttuosa collaborazione tra Next Exhibition e ONO Arte, la mostra – dal titolo Super Pop: Andy Warhol through the lens of Fred W. McDarrah (aperta fino al 31 gennaio) traccia la storia del genio nato a Pittsburgh, portandone alla luce la rivoluzione stilistica e nondimeno gli aspetti biografici più intimi e curiosi. Moltissimi i lavori scelti per l’occasione, tra acetati, lastre serigrafiche, litografie, stampe e fotografie – come quelle di Fred W. McDarrah, altro protagonista della rassegna.

Gli scatti del fotografo statunitense – uniti a quelli di Anton Perich – si soffermano su alcuni episodi poco conosciuti: spezzoni di vita quotidiana dell’artista, raccolti nell’arco di oltre trent’anni di amicizia e collaborazione. Circondato dalle iconiche scatole di Brillo, al telefono o dietro la macchina da presa, Warhol compare in queste immagini in tutta la sua semplicità: un uomo fatto di pulsioni e debolezze come tanti, eppure, a differenza di molti, in grado di lasciare un segno profondo sul suo tempo.

GLI AMBIENTI DELLA FACTORY

Un episodio particolare del percorso di visita è inoltre dedicato a Silver Clouds – l’installazione di palloncini color argento creata per la prima volta nel 1966 – e alla ricostruzione fedele degli ambienti della Factory. Lo studio di Warhol, vero cuore pulsante della sua ricerca e “quartier generale” per moltissimi artisti e star della New York degli anni Sessanta, è qui riproposto in maniera inedita, offrendo al pubblico la possibilità di vivere “dietro le quinte” uno degli ambienti più rappresentativi dell’arte contemporanea.

[Immagine in apertura: © Photograph by Fred W. McDarrah/MUUS Collection]