I disturbi psichici di Vincent van Gogh rivelati da un nuovo studio

6 Novembre 2020

Mystery_van Gogh

Vincent van Gogh è da sempre ritenuto uno dei geni per antonomasia della storia dell’arte. Un genio che, come stereotipo impone, è stato spesso associato agli elementi della follia e dell’eccentricità. Non è un mistero, d’altronde, che la vita dell’artista sia stata tormentata sin dalla giovinezza da uno stato di salute mentale decisamente precario. “La mia testa a volte è insensibile e spesso brucia e i miei pensieri sono confusi”, scriveva tra il 1877 e il 1878 da Amsterdam. E ancora: “Tornato qui, mi sono rimesso e ho dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di campi di grano sotto cieli nuvolosi, in cui ho cercato deliberatamente di esprimere tristezza, estrema solitudine”, riportava al fratello Theo in un’epistola del 1890 da Auvers.

Ma quali furono davvero i disturbi nervosi che afflissero la vita del pittore dei girasoli? E, nello specifico, qual è l’esatto quadro psichiatrico che possiamo dedurre sulla base delle informazioni arrivate fino a noi?

LA RICERCA SU VAN GOGH

A fornire una risposta a queste domande è oggi uno studio dell’UMCG di Groningen, pubblicato sull’International Journal of Bipolar Disorders. Condotta da Willem A. Nolen, Erwin van Meekeren, Piet Voskuil e Willem van Tilburg, la ricerca passa al setaccio le oltre novecento lettere scritte in vita dall’artista, nonché le cartelle cliniche dei medici che ebbero in cura Van Gogh – tra gli altri Paul Gachet, lo psichiatra amante dell’arte immortalato dal pittore nel celebre ritratto del 1890.

Sulla base di questi reperti, e secondo una modalità di diagnosi cosiddetta “bottom-top” (ovvero valutando tutti i sintomi psicosomatici riportati nei documenti, senza esclusioni a priori), gli scienziati hanno identificato una serie di patologie differenti, a partire dalla convinzione che l’artista olandese soffrisse di disturbo bipolare e personalità borderline. Una condizione aggravata dall’abuso abituale di alcool e da lunghi periodi di malnutrizione, che portano il pittore a tentare il suicidio all’età di 37 anni.

LE ALTRE DIAGNOSI

Pur tenendo conto dell’impossibilità di analizzare il soggetto di persona, e dunque escludendo l’assoluta certezza delle conclusioni, gli autori della ricerca hanno inoltre affermato che Van Gogh visse due episodi psicotici a seguito del ricovero in ospedale dopo essersi tagliato l’orecchio con un rasoio nel 1888. Due momenti “allucinatori”, a cui seguirono forti crisi depressive dalle quali non si riprese mai del tutto. Come comorbidità aggiuntiva, inoltre, non è esclusa un’epilessia focale – probabilmente causata dai danni cerebrali arrecati dall’abuso di vino, assenzio e tabacco, dalla carenza di sonno e dalla stanchezza mentale attraversata negli ultimi mesi della sua esistenza.

Ulteriori considerazioni riguardano infine la schizofrenia, diagnosticata all’artista dopo la sua morte e qui esclusa. Altamente improbabili risultano infine ulteriori diagnosi somatiche come la sifilide – da cui fu colpito il fratello Theo –, la porfiria intermittente acuta provocata dal consumo di tujone contenuto nell’assenzio, e varie forme di intossicazione da monossido di carbonio.

[Immagine in apertura tratta da Il mistero dei capolavori perduti ‒ Van Gogh sotto le bombe]