Il Ministero della Cultura e delle Belle Arti della Cambogia ha respinto il piano che avrebbe portato alla costruzione di un complesso turistico, con annesso parco divertimenti tematico, a ridosso del complesso di Angkor Wat.
Prima che la pandemia provocasse lo stop senza precedenti del turismo internazionale, il sito archeologico di Angkor, in Cambogia, era considerato fra le mete più ambite dagli appassionati di civiltà antiche di tutti i continenti. Facile comprendere le ragioni di un così forte interesse: situato nei pressi della moderna città di Siem Reap, il vasto complesso di edifici, in larga parte religiosi, costituisce il più rilevante lascito dell’Impero Khmer dell’intero sud-est asiatico.
Questo impareggiabile patrimonio architettonico, archeologico e paesaggistico ha recentemente rischiato di essere “messo in crisi” dalla costruzione di un resort turistico che sarebbe dovuto sorgere proprio alle porte del sito, iscritto dal 1992 nella lista del Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Il piano prevedeva un investimento pari a 350 milioni di dollari da parte di una società con sede a Hong Kong: secondo fonti della stampa cambogiana, l’Angkor Lake of Wonder, come avrebbe dovuto chiamarsi, sarebbe stato costruito ad appena 500 metri dai confini meridionali esterni di Angkor.
Ribattezzata “Disneyland Khmerfied“, la struttura avrebbe incluso al proprio interno una serie di hotel, un parco divertimenti tematico, ampi giardini botanici, un’area commerciale; l’ultimazione della prima fase del complesso era prevista per il 2025. Nelle scorse settimane, l’annuncio del piano aveva sollevato non poche reazioni negative, suscitando profonda preoccupazione da parte dello stesso UNESCO e del World Monuments Fund (WMF) di New York. Troppo alto il pericolo di intaccare l’unicità di un monumento non solo unico nel suo genere, ma anche fortemente identitario della cultura storica cambogiana e dell’intera comunità locale.
Anche per questo la notizia che il progetto è stato respinto dal Ministero della Cultura e delle Belle Arti del Paese orientale, diffusa pochi giorni fa per la prima volta dal Phnom Penh Post e poi rimbalzata sui media di tutto il mondo, è stata accolta con favore a livello internazionale. In particolare, in una nota il WMF, che è impegnato in vari interventi per la conservazione e tutela del complesso archeologico, ha commento che “l’inversione dei piani di sviluppo è una decisione positiva per la protezione di Angkor, delle comunità locali che gestiscono il parco archeologico“. Per anni sottoposto alla forte pressione del turismo di massa, il fragile sito merita soprattutto il massimo sforzo collettivo in nome della sua salvaguardia e dello studio della civiltà artefice di questa affascinante opera.
[Immagine in apertura: Angkor Wat, Krong Siem Reap, Cambodia. Photo by Vicky T on Unsplash]