L'esposizione in arrivo al Museo del Tessuto di Prato ripercorre la storia e le origini dei costumi indossati dalla soprano Rosa Raisa nei panni di Turandot durante la prima assoluta dell'opera pucciniana. Oggetto di una affascinante scoperta, gli abiti evocano una serie di vicende tutte da raccontare.
Narra la storia di una scoperta insperata, di un sodalizio artistico dagli esiti straordinari e di una fascinazione mai sopita la mostra in programma dal 22 maggio al 21 novembre al Museo del Tessuto di Prato. Intitolata Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba, la rassegna prende le mosse dall’incredibile ritrovamento di una serie di costumi e gioielli di scena risalenti alla prima assoluta della Turandot di Puccini e inclusi nel guardaroba privato della soprano pratese Iva Pacetti.
Tre anni fa, quando l’istituzione toscana ricevette la proposta di acquisire un misterioso baule contenente vari oggetti e manufatti appartenuti alla soprano, le ricerche condotte dalla conservatrice del museo, Daniela Degl’Innocenti, fugarono qualsiasi dubbio: due costumi e altrettanti gioielli di scena corrispondevano a quelli disegnati e realizzati dal
costumista del Teatro alla Scala Luigi Sapelli (in arte Caramba) per il debutto dell’opera e indossati da Rosa Raisa, prima interprete della Turandot.
L’obiettivo della mostra è quindi ripercorrere l’itinerario che ha portato alla creazione dei leggendari costumi, approfondendo il fortunato sodalizio tra Giacomo Puccini e l’artista e amico Galileo Chini, fino al coinvolgimento del costumista del Teatro alla Scala Caramba.
La scelta di affidare le scenografie a Chini fu tutt’altro che casuale: Puccini sapeva bene che l’amico aveva soggiornato a lungo in Oriente, traendone infinita ispirazione per il proprio lavoro, come si evince dai circa 120 oggetti della collezione Chini, custodita dal Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze, esposti nella imminente mostra a Prato.
Tessuti, maschere teatrali, porcellane, strumenti musicali e sculture di produzione thailandese e cinese, le cui linee e motivi riecheggiano nelle scenografie messe a punto da Chini per l’opera pucciniana, in perfetta sintonia con i costumi e i gioielli ritrovati e firmati da Caramba. Il pubblico potrà finalmente ammirarne lo splendore, grazie anche agli efficaci interventi di restauro e conservazione che hanno mitigato i segni del tempo.
La mostra accenderà i riflettori pure su trenta costumi provenienti dall’archivio della Sartoria Devalle di Torino ‒ indossati, sempre nella medesima edizione dell’opera, dagli interpreti dei personaggi primari, comprimari e secondari –, su alcuni bozzetti originali dei costumi a firma dell’illustratore Filippo Brunelleschi, inizialmente scelto da Puccini, e sulla figura di Iva Pacetti, alla quale è dedicata una sezione multimediale.
[Immagine in apertura: Leopoldo Metlicovitz, Copertina per l’edizione di lusso della riduzione per canto e pianoforte, 1926, Milano, Archivio Storico Ricordi]