Ideatore dei cosiddetti "mobile", Alexander Calder elaborò anche una serie di progetti meno conosciuti, sviluppati a volte in sinergia con alcuni architetti del suo tempo. La grande mostra curata da Hans Ulrich Obrist nel centro progettato da Renzo Piano getta nuova luce sull'intera produzione dell'artista statunitense.
A due anni dall’apertura al pubblico, il Centro Botín di Santander, in Spagna, apre le proprie porte a una grande retrospettiva dedicata a uno dei Maestri dell’arte del Novecento: Alexander Calder. All’interno della struttura espositiva progettata dall’architetto italiano Renzo Piano, la mostra curata da Hans Ulrich Obrist e promossa in collaborazione con la Calder Foundation di New York, fino al 3 novembre prossimo ripercorrerà cinque decenni della carriera dell’artista.
A 43 anni dalla scomparsa dello scultore statunitense, noto su scala mondiale in particolare per i grandi gruppo scultorei cinetici ribattezzati mobile, l’istituzione spagnola ricostruisce il suo profilo attraverso un’ottantina di opere.
Proprio come l’edificio, anche l’allestimento di questa importante mostra porta la firma di Piano, che ha concepito un percorso espositivo nel quale saranno riunite sia opere concesse dalla Calder Foundation, sia lavori provenienti da collezioni pubbliche e private: un insieme che consentirà di fare luce anche su alcuni interventi meno conosciuti e sperimentali di Calder.
Ad anticipare i contenuti e le peculiarità di questo progetto espositivo è stato lo stesso curatore, Obrist: “Dal 1990, ho raccolto informazioni su una specie insolita di arte: progetti non realizzati. Progetti dimenticati, progetti censurati direttamente o indirettamente, progetti fraintesi, progetti oppressi, progetti perduti, progetti irrealizzabili. Mentre non è più possibile chiedere a Calder dei suoi progetti non realizzati, ho pensato che sarebbe stato interessante applicare questa metodologia della non realizzazione alla storia dell’arte, e questa mostra al Centro Botín presenta un’opportunità entusiasmante per farlo per la prima volta“.
Una scelta che si è tradotta nell’inserimento in mostra, tra le altre opere, della serie di sei maquette realizzate da Calder nel 1939 su proposta della Smithsonian Gallery of Art di Washington e di un gruppo di quasi due dozzine di bronzi del 1944, ideati per un edificio pubblico progettato dall’architetto statunitense Wallace K. Harrison.
Esposti anche i disegni relativi a quelli che Calder definì ballet objects, destinati alle scenografie per un balletto su musiche di Harrison Kerr.
[Immagine in apertura: Exhibition view, photo by Belén de Benito]