Nel Parco Archeologico di Ercolano sono stati ritrovati frammenti di materia cerebrale nel cranio di una vittima dell'eruzione. Una scoperta eccezionale, che svela nuovi indizi sulla storica esplosione del Vesuvio.
Dopo le recenti iniziative per la promozione anche all’estero dei tesori di Ercolano, e dopo la riapertura al pubblico di strade ed edifici per anni sotto restauro, il Parco Archeologico campano torna a far parlare di sé, questa volta per una nuova, sensazionale scoperta.
La prestigiosa rivista medica New England Journal of Medicine ha infatti reso noti i risultati di uno studio sui resti di materiale cerebrale rinvenuti in una vittima della famosa eruzione. Le indagini – condotte da un team di ricercatori guidato da Pier Paolo Petrone dell’Università Federico II di Napoli – hanno dimostrato la presenza di materiale vetroso nel cranio di un uomo, probabilmente il custode del Collegio consacrato al culto di Augusto.
A causare la vetrificazione del cervello lo shock termico provocato dall’ondata di calore in seguito all’eruzione del Vesuvio, oltre che dalla nube di cenere e lapilli che hanno ricoperto il corpo. Uno sbalzo termico talmente forte da aver permesso ad alcune porzioni del cervello di “solidificarsi” e mantenersi intatte arrivando fino a noi.
L’analisi dei resti ha permesso di identificare diverse proteine e acidi grassi presenti nel tessuti cerebrali e nei capelli umani. Un evento mai prima d’ora accaduto nella storia dell’archeologia, e che aggiunge un nuovo tassello agli studi decennali sulla celeberrima eruzione del 79 d.C.
[Immagine in apertura: Petrone copyright 2020. Per gentile concessione del Parco Archeologico di Ercolano]