Le parole di Rodari e i disegni di Munari insieme in un nuovo volume

7 Novembre 2020

Munari per Rodari. Courtesy l'editore

Difficile capire cosa si abbia esattamente di fronte sfogliando le pagine di questo Munari per Rodari, il nuovo libro portato sugli scaffali dalla casa editrice Corraini. Difficile, sì, a patto che ci si ostini a cercare una definizione chiusa e limitata ai soli ambiti della narrativa e della grafica – i due “regni” di appartenenza di questi straordinari protagonisti della cultura italiana del Novecento.

Piacevolissimo nella forma, e ben pensato nel contenuto, il libro è infatti – prima di tutto – un esercizio di fantasia e un omaggio alla libertà. Quella libertà cara tanto allo scrittore di Omegna quanto all’estroso designer milanese: figure diverse, distanti, ma che in carriera ebbero molto da spartire, a partire da quel primo incontro avvenuto alla fine degli anni Cinquanta grazie all’intuito di Giulio Einaudi.

Da quel momento in poi le vite e le riflessioni creative di Gianni Rodari e Bruno Munari viaggiarono su un binario parallelo, confluito nel tempo in libri come Filastrocche in cielo e in terra, Favole al telefono, Il libro degli errori e Il gioco dei quattro cantoni, ognuno dei quali frutto del lavoro combinato di questi due maestri dell’immagine e della parola.

MUNARI PER RODARI

Attingendo a piene mani da quelle storiche collaborazioni – eccezionali per la narrativa d’infanzia del tempo –, il libro presenta una ricca selezione di “scarabocchi” munariani realizzati in supporto ad alcuni dei componimenti più celebri del poeta piemontese – protagonista di moltissime iniziative a cento anni dalla nascita.

Dal gioioso ping pong grafico e linguistico emerge tutta la leggerezza, l’eleganza e la sperimentazione propria di questi due fuoriclasse della fantasia: qualità debitamente approfondite da Antonio Faeti, Riccardo Falcinelli e Marco Belpoliti, autori di una serie di testimonianza in supporto alla pubblicazione. Un libro da leggere e guardare, da completare con i propri “segni sghembi e sghiribizzi” o, al contrario, da usare come punto di partenza per inventare nuove storie, lasciandosi ispirare dalle immagini.

[Immagine in apertura: una tavola del libro. Courtesy l’editore]