Marco Belpoliti e Gianfranco Marrone sono gli autori di “Kitsch”, il nuovo libro della casa editrice Quodlibet. Una panoramica straordinaria sul fenomeno estetico, raccontato attraverso importanti testi critici e considerazioni sul presente.
Di cosa parliamo quando parliamo di kitsch? Difficile rispondere in maniera esaustiva e condensata a tale domanda, se è vero che una buona parte della fortuna di questo fenomeno si deve proprio alla complessità e all’inafferrabilità del lemma che lo identifica. Termine tedesco dalle molteplici sfumature, il kitsch è – per citare un passaggio dell’introduzione al volume qui raccontato – “come il tempo per Agostino o come l’arte per Croce: sappiamo bene che cos’è, tranne quando ci chiedono di definirlo”.
Simulazione della bellezza, celebrazione del brutto, esaltazione del sentimentalismo spicciolo. I “segnali” filosofici innescati dalla parola kitsch potrebbero continuare pressoché all’infinito. Eppure una domanda emerge con insistenza, interrompendo bruscamente ogni speculazione: che senso ha parlare di kitsch oggi? Se da una parte sembra infatti che il “cattivo gusto” abbia vinto, permeando la cultura di massa contemporanea sin nei più intimi dettagli, dall’altra pare essersi appoggiata una patina di polvere su un termine che, in fondo, ha fatto il suo tempo.
A fare luce sulla questione, attualizzando il valore di questa parola, è il nuovo libro della casa editrice Quodlibet: un eccellente compendio che analizza a grandi linee il fenomeno, andando dritto al punto che più ci preme. Ovvero le relazioni tra esso e il nostro tempo: un tempo in cui volgarità e massificazione hanno in un certo senso trionfato, e in cui ogni questione sul gusto (e sul cattivo gusto) sembra essersi dilatata all’infinito.
Curato da Marco Belpoliti e Gianfranco Marrone per la collana Riga, Kitsch (nell’immagine in apertura un dettaglio della copertina) raccoglie oltre trenta saggi: classici sull’argomento – come nel caso degli scritti di Gillo Dorfles, Harold Rosenberg, Adorno, Baudrillard e Umberto Eco – e commenti di critici, scrittori e filosofi dei nostri giorni – tra gli altri Carlos Polimeni, María J. Calvo Montoro, Vanni Codeluppi e il recentemente scomparso Alberto Arbasino. Le loro riflessioni sono inoltre affiancate da una succulenta selezione di voci enciclopediche (a prova della multiformità del termine in questione), brani tratti da libri recenti appositamente tradotti e un ricco questionario conclusivo.
Come se non bastasse, l’ultima parte del volume presenta una selezione di opere d’arte inedite realizzate sull’argomento, e un’imperdibile riflessione sui nani da giardino di Jean-Yves Jouannais. Una vera e propria cartina tornasole per orientarsi all’interno del dibattito sul kitsch, tra passato e presente.