Il teatro, e le sue quinte, come metafora dell’incertezza dopo la pandemia. È l’idea alla base di “Second Act”, il nuovo progetto site specific con cui il designer olandese Maarten Baas ha trasformato il Fondaco dei Tedeschi durante la Biennale di Architettura.
Non è la prima volta che Maarten Baas reagisce a modo suo, cioè in maniera spettacolare, suscitando lo stupore del pubblico, a quello che accade nel mondo. Poco dopo l’11 settembre 2001, il designer olandese scelse il fuoco come filo conduttore per una rivoluzionaria collezione di mobili “bruciati”, Smoke, in cui il particolare trattamento rendeva ogni pezzo unico e differente dagli altri. Dopo la crisi finanziaria del 2008, scelse invece di riflettere sul tema del tempo con la sua Real Time Series.
Oggi, l’enfant terrible del design olandese – una definizione che Baas non ama, ma che gli è rimasta incollata alla pelle – presenta al Fondaco dei Tedeschi di Venezia, durante la Biennale di Architettura, un’installazione site specific ispirata al periodo che stiamo vivendo, quello della ripartenza dopo la pandemia. In Second Act, ideato con lo scenografo Theun Mosk, quattro lunghi sipari sospesi nella corte interna del palazzo veneziano nascondono una rappresentazione di cui non si conosce la trama, chiamando gli spettatori a riflettere sul concetto di incognita.
Lungo il canale, venti schermi mostrano quello che ci siamo persi durante l’ultimo anno mezzo, facendo scorrere i titoli di tutte le rappresentazioni cancellate o rimandate durante il periodo di chiusura dei teatri. “Era, ed è tuttora, un periodo di incertezza e di paura. Le persone non sanno come reagire, cosa aspettarsi e quale sarà la nuova realtà con cui dovremo fare i conti” spiega l’artista “È per questo che ho voluto paragonare il tempo alla suspense di uno spettacolo teatrale: quando si aprirà il sipario cosa vedremo?”.
[Immagine in apertura: Maarten Baas, Second Act, Fondaco dei Tedeschi, Venezia, 2021. Photo credits Matteo De Fina]