Attraverso una serie di mostre e iniziative, la Venice Design Biennial indaga il modo in cui rappresentiamo noi stessi attraverso gli oggetti, da creatori o da semplici fruitori, in un territorio liminale tra arte, collectible design e artigianato.
In parallelo al primo mese della Biennale di Architettura, a Venezia è tornata a svolgersi in presenza, e con grande affluenza di pubblico, anche la rassegna biennale dedicata al design. Fino al 27 giugno, un programma di mostre allestite in vari luoghi della città interpreta il tema curatoriale Design As Self-Portrait, rileggendo attraverso il prisma del design un “genere” molto presente nella storia dell’arte fin dal Rinascimento e diventato imprescindibile al tempo dei selfie e dei social media.
La mostra principale si divide in due sedi, lo SPARC* ‒ Spazio Arte Contemporanea in campo Santo Stefano e SPUMA ‒ Space of the Arts alla Giudecca, e presenta principalmente pezzi unici di design da collezione. I curatori, Luca Berta e Francesca Giubilei, hanno chiesto a designer emergenti e già affermati di fare un autoritratto, cioè di realizzare un oggetto, o in alcuni casi un’installazione, che “parli” di loro e sia rappresentativo del loro linguaggio creativo.
Tra i nomi più noti ci sono Elisa Ossino e Audrey Large, oltre al giovane ceco Tadeas Podracky, che lo scorso anno ha partecipato a un programma di residenza artistica a Venezia ed espone gli esiti della collaborazione con gli artigiani locali. Completano il programma una mostra sul rapporto tra passato e presente al Museo Archeologico, un approfondimento sul lavoro del duo creativo sardo Pretziada, una performance dell’artista britannica Jo Cope e una nuova piattaforma editoriale.
[Immagine in apertura: Andrea Morucchio, Venezia Anno Zero, April 17 2020 | 09.10 am, photo credit Andrea Morucchio]