Come illuminavano le loro case i nostri avi? E quali delle soluzioni da loro adottate possono farci riflettere in chiave ecologica? La prima mostra dedicata all’illuminazione in epoca etrusca, al MAEC di Cortona, risponde a queste e ad altre domande.
Nell’antichità, il passaggio da una stagione fredda e buia a un’altra più luminosa era spesso celebrato attraverso riti che prevedevano l’accensione di torce o fiaccole. Per questo motivo, oggi, all’uscita dal difficile periodo della pandemia, l’organizzazione della prima esposizione in assoluto dedicata all’illuminazione nel mondo etrusco e in altre antiche civiltà assume un forte significato simbolico.
Allestita al Museo dell’Accademia Etrusca e della città di Cortona dal 5 giugno al 12 settembre, la mostra Luci dalle tenebre. Dai lumi degli Etruschi ai bagliori di Pompei, curata da Luigi Donati, Paolo Bruschetti e Vittorio Mascelli, approfondisce il tema della luce nelle sue diverse declinazioni: dagli strumenti in bronzo, ferro o ceramica con cui i nostri avi rischiaravano le loro case alle tecniche che consentivano loro di sfruttare al meglio l’illuminazione naturale e ai rituali religiosi.
I reperti già custoditi dal MAEC nelle sue collezioni – per esempio, un celebre lampadario in bronzo che qui viene presentato anche in versione interattiva – dialogano con una serie di prestiti importanti dai maggiori musei italiani, rivelando legami e corrispondenze tra gli Etruschi e altre civiltà coeve. Due sezioni, in particolare, sono dedicate alla cultura nuragica, sviluppata nella Sardegna preromana, e alla città di Pompei, legata al mondo etrusco da vincoli di dipendenza. Un allestimento speciale è dedicato a un prezioso reperto ritrovato negli scavi dell’antico insediamento spazzato via dall’eruzione del Vesuvio, la statua di un efebo con un candelabro.
Sviluppato in collaborazione con docenti dei più importanti atenei italiani e studiosi di fama internazionale, il percorso espositivo ha anche il fine di suscitare la curiosità del pubblico, con l’ausilio di modelli tridimensionali e di tecniche immersive, e aprire spazi di riflessione sulla sostenibilità ambientale a partire dalle modalità “a basso impatto” con cui gli antichi illuminavano le loro case.
[Immagine in apertura: Lampadario a sedici beccucci, ultimo trentennio del IV secolo
a.C. (lampadario); seconda metà del II secolo a.C. (targhetta). MAEC ‒ Museo ell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona]