Autore dell'iconico poster "Hope", che ha accompagnato la prima campagna elettorale di Barack Obama, l'artista statunitense è protagonista della monografica allestita a Palazzo Medici Riccardi.
In contemporanea con la prima personale in Italia dell’artista cinese Han Yuchen, Palazzo Medici Riccardi, a Firenze, ospita anche la mostra OBEY. Make art not war. La pace, la donna, l’ambiente e la cultura sono le quattro aree tematiche prese in esame dalla rassegna curata da Gianluca Marziani e Stefano Antonelli, che intende celebrare nel capoluogo toscano i primi trent’anni di attività di uno degli street artist più noti a livello internazionale.
Shepard Fairey, in arte OBEY, ha infatti avviato il proprio percorso nell’arte contemporanea nel 1989, accompagnando il suo esordio con l’iniziativa Andre the Giant Has a Posse. In quell’anno lanciò la sua prima campagna di arte urbana nella città di Providence, disseminando sui muri alcuni adesivi che riproducevano il volto del wrestler André the Giant. Formatosi presso l’Accademia d’Arte, da allora OBEY non si è mai fermato, arrivando a conquistare notorietà ben oltre i confini degli Stati Uniti con interventi in cui ha veicolato il suo messaggio pacifista ed ecologista.
Noto in particolare per le sue serigrafie, realizzate in diversi formati, OBEY è artefice di opere in grado di stimolare riflessioni sui grandi temi del nostro tempo, tra cui le questioni umanitarie e quelle esistenziali. La grande notorietà è arrivata lo scorso decennio con il manifesto Hope, nel quale l’artista ha riprodotto in quadricromia il volto stilizzato di Barack Obama. Definito dal critico d’arte Peter Schjeldahl “la più efficace illustrazione politica americana dai tempi dello Zio Sam“, il poster divenne virale, finendo per accompagnare la campagna elettorale che ha condotto il politico alla Casa Bianca. Solo dopo la propria elezione, Obama ha scelto di manifestare apertamente il suo apprezzamento per l’opera dell’artista, che nel frattempo, sempre nel corso della stessa campagna elettorale, aveva elaborato anche le versioni Change e Vote. “Ho il privilegio di essere parte della tua opera d’arte e sono orgoglioso di avere il tuo sostegno“, gli scrisse infine Obama, mentre la National Portrait Gallery degli Stati Uniti, nel gennaio 2009, ha acquisito l’opera inserendola nella propria collezione permanente.
Visitabile fino al 20 ottobre, la mostra fiorentina ricostruisce questi e altri passaggi salienti della vicenda artistica di Fairey, continuando a tenere i riflettori accessi sulla street art e sull’arte pubblica dopo la precedente esperienza di Banksy. This is not a photo opportunity, anch’essa prodotta e organizzata da MetaMorfosi. OBEY. Make art not war è dedicata alla memoria di Pina Ragionieri, storica direttrice di Casa Buonarroti a Firenze: profonda conoscitrice e studiosa di Michelangelo, era anche interessata alle molteplici forme dell’arte contemporanea.
[Immagine in apertura: OBEY, Untitled, 2006, spray, collage e serigrafia su carta. Collezione privata]