Dopo la riapertura di siti del complesso monumentale del Duomo di Siena, torna di nuovo visibile anche lo straordinario pavimento in commesso marmoreo. Un capolavoro che si potrà ammirare e scoprire, anche nei suoi significati più alti, solo dal 17 agosto al 7 ottobre 2020.
Sta diventando uno degli appuntamenti artistici annuali più attesi e la ragione è facilmente comprensibile: il Pavimento della Cattedrale di Siena, che dal 17 agosto al 7 ottobre sarà di nuovo svelato agli occhi dei visitatori, resta ancora oggi “il più bello…, grande e magnifico… che mai fusse stato fatto“, come lo descrisse Giorgio Vasari. Realizzato con la tecnica del commesso marmoreo e del graffito nell’arco di secoli, a partire dal Trecento fino all’Ottocento, è uno dei massimi capolavori racchiusi all’interno del Duomo senese, tornato nel suo complesso interamente visitabile solo da pochi giorni, in seguito alla chiusura imposta dal lockdown.
Analogamente a quanto avvenuto per gli altri siti che fanno parte del complesso, anche per la scopertura del pavimento l’Opera della Metropolitana di Siena ha messo a punto nuovi percorsi in sicurezza, sviluppati nel rispetto dei protocolli vigenti. Previste, inoltre, visite guidate in varie lingue, che consentiranno di cogliere gli aspetti salienti e di conoscere la potenza sia narrativa, sia visiva di questo straordinario capolavoro. A fornire una preziosa e utile “visione d’insieme” è la celebre pianta del Pavimento del Duomo redatta da Giovanni Paciarelli nel 1884, anch’essa conservata nella Cattedrale. Nel disegno vengono illustrati sia il percorso che dall’ingresso conduce fino all’altare maggiore, sia le numerose tarsie risalenti a diverse epoche. Tra queste, anche quelle lignee di Fra Giovanni da Verona, eseguite con una tecnica simile a quella del commesso marmoreo, ma impiegando eccezionalmente legni di diversi colori.
Ripercorrendo la storia dell’opera, il primo dato che emerge è il coinvolgimento di numerosi artisti senesi, fra cui il Sassetta, Domenico di Bartolo, Matteo di Giovanni, Domenico Beccafumi, che ne rendono l’esecuzione un processo “corale”. A loro si deve la realizzazione dei cartoni preparatori per le cinquantasei tarsie previste, con una sola eccezione: il pittore umbro Bernardino di Betto, noto come il Pinturicchio, fu l’unico non senese a prendere parte all’impresa, realizzando nel 1505 la tarsia con il Monte della Sapienza. Sebbene a balzare agli occhi sia l’impatto visivo del pavimento, è importante sottolineare che si tratta dell’esito di un complesso programma iconografico profondamente associato a una pluralità di significati.
L’unicità di questo “tappeto di marmi”, infatti, non risiede esclusivamente nella padronanza tecnica dimostrata dalle maestranze coinvolte nella sua ideazione ed esecuzione. Va rintracciata anche nel messaggio complessivo dell’epoca: un invito alla ricerca dei più alti valori dello spirito umano, a partire dalla Sapienza. E le “sorprese” non mancano: nel pavimento è ad esempio presente un’unica porzione realizzata a mosaico, probabilmente la più antica dell’opera, che raffigura Lupa che allatta i gemelli. Ai visitatori curiosi la “sfida” di individuarla…
[Immagine in apertura: Photo Opera del Duomo]