Il Design Museum di Londra si prepara ad accogliere una nuova esposizione dedicata al robot Ai-Da: il primo artista capace di creare grazie all'intelligenza artificiale. Al centro del progetto una serie di autoritratti realizzati attraverso l'impiego di complessi algoritmi.
Il rapporto tra arte e autorappresentazione è uno dei grandi temi della storia: un argomento che ha acquisito sfaccettature diverse a seconda delle epoche, assumendo connotazioni differenti in base agli stili e alle tecniche in voga. Il bisogno di ritrarsi da parte degli artisti risale infatti a tempi remoti: è del 1352 a.C. circa il più antico autoritratto accertato: una piccola stele realizzata dallo scultore Bak che, nell’Antico Egitto, si ritrasse in abiti da cerimonia insieme alla moglie Taheri.
Da quel momento in poi l’istinto a immortalare il nostro volto ha fatto passi da gigante: si pensi alle tele di Rembrandt e dei pittori fiamminghi, alle pose in primo piano di Velazquez e Frida Kahlo, o agli scatti di Andy Warhol, Francesca Woodman e Vivian Maier. Tutti spinti dalla volontà di catturare e comunicare al pubblico lo stato interiore – prima che esteriore – della propria persona.
Alla lista di esempi qui elencati si aggiunge oggi un nuovo tassello. Il Design Museum di Londra ha infatti comunicato l’inaugurazione di un’esposizione che vedrà come protagonista Ai-Da – il primo “artista robotico” al mondo. Realizzato nel 2019 da Engineered Arts e dai ricercatore dell’Università di Oxford, Ai-Da (che prende il nome dalla matematica e scienziata inglese Ada Lovelace) è un robot umanoide a grandezza naturale, capace di creare opere d’arte grazie all’intelligenza artificiale.
Durante l’appuntamento espositivo – che avrà luogo dal 7 maggio al 6 giugno (salvo slittamenti causati dalla pandemia) –, l’artista-androide sarà protagonista di Ai-Da Self Portraits: un progetto dedicato al tema dell’autorappresentazione, in risposta a queste domande: com’è possibile parlare di raffigurazione del sé quando chi è chiamato a raffigurarsi è privo di una componente umana? Fin dove possiamo dimostrare che l’istinto alla rappresentazione è una qualità attribuibile soltanto agli artisti in “carne e ossa”?
In risposta a tali quesiti, Ai-Da presenterà una selezione di autoritratti: tre opere di grandi dimensioni realizzate dopo essersi guardata allo specchio, o meglio, dopo aver “tradotto” in segni grafici gli stimoli percepiti dalla visione del suo riflesso sulla superficie riflettente. Riuscirà l’androide a meritare un posto nella prestigiosa lista dei migliori ritrattisti della storia dell’arte?
[Immagine in apertura: Courtesy of Aidan Mellor]