Nel Bronx, là dove tutto è cominciato negli anni Settanta, è stata posata la prima pietra di una nuova istituzione dedicata al genere musicale dell'hip hop e al movimento artistico e culturale di cui fa parte.
La sera dell’11 agosto 1973, nel Bronx, nel corso di una delle leggendarie feste al 1520 di Sedgwick Avenue durante le quali intratteneva i presenti con sonorità allora sconosciute al grande pubblico come soul, funk e reggae, il giovane dj Kool Herc (al secolo Clive Campbell) decide di “allungare” il break, l’interludio musicale dei pezzi, giocando con due copie dello stesso disco poste su due piatti diversi. Nasce così l’hip hop, un nuovo genere musicale partito come fenomeno underground ma destinato a diventare sempre più popolare.
Nello stesso quartiere, e non lontano da quell’indirizzo di grande valore storico, sorgerà l’Universal Hip Hop Museum, il primo spazio espositivo al mondo interamente dedicato all’approfondimento della cultura hip hop e dei diversi elementi che la compongono: oltre alle attività prettamente musicali come il DJing e l’MCing – il “parlare al microfono” che tanto caratterizza il genere – ci sono, non meno importanti, il graffitismo e la breakdance.
Il nuovo museo aprirà le sue porte nel 2024, un anno più tardi rispetto a quanto inizialmente previsto, grazie a un investimento di 80 milioni di dollari tra fondi pubblici e contributi privati. A posare la prima pietra sono stati chiamati alcuni tra i grandi protagonisti della storia dell’hip hop, da Grandmaster Flash a Slick Rick, da Chuck D a Nas passando per Fat Joe e LL Cool J.
Quest’ultimo ha ricordato la portata identitaria, e il potere liberatorio, che la nuova cultura musicale e artistica ha avuto negli anni Settanta e Ottanta per la gioventù marginalizzata del Bronx, e in particolare per i giovani afroamericani.
[Immagine in apertura: New York. Photo by Carl Solder on Unsplash]