Trieste celebra una delle sue figure più rappresentative: Leonor Fini, la pittrice e costumista argentina che qui spese parte della sua giovinezza. Emblema del Surrealismo, l'artista sarà al centro di una mostra in arrivo a giugno.
Pittrice, illustratrice, costumista. E poi ancora scenografa, esperta di incisione, scrittrice. Figura non a tutti nota dell’arte del primo Novecento, Leonor Fini ha rappresentato appieno lo spirito creativo del periodo a cavallo tra le due guerre, riassumendo nella sua lunga parabola di vita eccentricità e ambizioni della sua generazione. Donna eclettica e di grande personalità, l’artista sarà presto ricordata dalla “sua” Trieste, città nella quale spese parte della sua giovinezza e alla quale rimase legata anche dopo il trasferimento a Parigi.
Ad annunciarlo è il polo museale del Magazzino 26 in Porto Vecchio, dove la mostra Memorie Triestine prenderà ufficialmente il via il prossimo 26 giugno, alzando il sipario sulla produzione dell’autrice di Buenos Aires.
Nata in Argentina nel 1907, e subito dopo trasferitasi nel capoluogo friulano insieme alla madre italiana, Leonor Fini passò a Trieste circa venti anni della sua vita, stringendo amicizie con le menti più brillanti del tempo, da Leo Castelli a Gillo Dorfles, da Bobi Bazlen a Italo Svevo e Umberto Saba: nomi di riferimento della scena locale, che si sarebbero legati alla pittrice contribuendo ad alimentarne il mito.
Trasferitasi nel 1931 a Parigi, Leonor Fini abbraccia lo spirito surrealista, grazie al “fatale” incontro con pittori quali Giorgio de Chirico, Alberto Savinio e De Pisis. Le opere dell’artista iniziano, a partire da questo momento, a trasformarsi in visioni oniriche, accogliendo sulla tela allegorie fatte di sfingi, felini e paesaggi senza tempo.
Curata da Marianna Accerboni, e già presentata presso l’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, la rassegna (visitabile fino al 20 agosto) presenterà una sessantina di tele a olio, disegni, acquerelli e incisioni in gran parte inediti. Donate dall’autrice alla cugina triestina Mary Frausin e all’amico Giorgio Cociani, le opere saranno inoltre affiancate da lettere e cartoline frutto della corrispondenza intrattenuta dalla protagonista con i suoi amici di vecchia data. A tal riguardo, sarà emblematica la sezione del percorso espositivo dedicata alle testimonianze di Arturo Nathan e Gillo Dorfles – quest’ultimo presente con alcuni scritti originali e una rara video-intervista in omaggio alla pittrice.
Oltre a mettere in luce il rapporto di amore dell’artista con la città di Trieste, la mostra sarà inoltre l’occasione per ammirare le porcellane decorate da Leonor Fini (mai prima d’ora esposte) e una serie di abiti da lei creati. Il tragitto di visita si concluderà con la sezione filmografica curata dal regista belga Yves Warson e L’Inferno di Leonor, in cui le opere più inquietanti ed esoteriche della protagonista saranno poste in relazione al tema dell’Inferno di Dante Alighieri, nel settecentesimo anniversario della morte del poeta. Dopo la tappa di Trieste, la mostra farà scalo a Parigi, dove la pittrice si trasferì ventitreenne rimanendovi fino alla morte.
[Immagine in apertura: Leonor Fini, Figura con gatto. Anni ’70. Litografia cm. 52X74. Coll. privata, Trieste © Marianna Accerboni]