In continua trasformazione, privo di orari di apertura e chiusura, destinato a evolvere assumendo forme non completamente prevedibile, slegato dal senso umano del tempo, "Life" è il progetto che Olafur Eliasson sta presentando alla Fondation Beyeler. Un'operazione che ha richiesto lo smontaggio delle ampie vetrate progettate da Renzo Piano, in modo da innescare una relazione fra interno ed esterno del museo senza precedenti.
È la Fondation Beyeler di Riehen, nei pressi di Basilea, ad accogliere la prima installazione site-specific dell’artista di fama mondiale Olafur Eliasson in Svizzera. Intitolato Life e presentato fino al prossimo mese di luglio, il progetto espositivo è uno dei più attesi fra quelli inclusi nella programmazione 2021 dell’istituzione, che quest’anno proporrà anche Close-Up, la collettiva dedicata a nove donne-artiste, fra cui Frida Kahlo e Cindy Sherman.
Classe 1967, l’artista danese-islandese è una delle figure eminenti della produzione artistica contemporanea, internazionalmente noto per le installazioni, estese anche alla scala ambientale, che spingono chi osserva a ripensare il modo in cui percepisce l’ambiente circostante. Le sue opere, che possono sconfinare anche nella scultura, nella pittura, nella fotografia, senza disdegnare incursioni nella cinematografia e nei media digitali, trascendono i limiti fisici degli spazi museali ed espositivi canonici. Un concetto ribadito proprio da Life, il cui progetto di allestimento si estende fra gli interni dell’edificio che porta la firma di Renzo Piano, il parco circostante e il paesaggio urbano. Come? Abbattendo la separazione tra cultura e natura, con una forma provocatoria descritta dallo stesso Eliasson e da scoprire in questa gallery fotografica.
“Life presenta un modello per un paesaggio futuro. È ospitale“, racconta l’artista. “Un paio di anni fa, quando con il direttore della Fondation Beyeler si discuteva per la prima volta della mostra, ho pensato: perché non invitare tutti all’evento? Invitiamo il pianeta – piante e specie varie. Invece di aprire semplicemente una porta ho deciso di rimuovere tutti gli ostacoli strutturali che si frapponevano tra il dentro e il fuori dell’edificio“. E, di conseguenza, eccezionalmente per questa occasione sono state infatti smontate le ampie vetrate che separano le tre gallerie espositive poste sulle facciata principale del museo dal giardino di ninfee, abbattendo così il vincolo fisico fra dentro e fuori.
All’interno delle sale, aperte sul paesaggio come mai prima d’ora, e all’esterno dell’edificio i visitatori hanno l’opportunità di attivare l’intera gamma sensoriale in loro possesso, senza restringere l’esperienza alla sola visione, e di riflettere sulla condizione umana. Ci si sposta infatti tra spazi unificati da vasche di brillante acqua verde intrisa di uranina, un colorante atossico utile per il tracciamento dei flussi. Su questa superficie mobile, l’architetto paesaggista Günther Vogt ha collocato ninfee nane, campanelle d’Irlanda e felci d’acqua.
L’odore delle piante e dell’acqua, i suoni circostanti, l’umidità dell’aria invitano i visitatori a non ricorrere unicamente alla vista nell’esplorazione di quest’opera. Convinto della capacità dell’arte di incidere nella percezione individuale, e di conseguenza nel suo contributo alla trasformazione della società, attraverso Life Olafur Eliasson vuole ricordare a tutti che le nostre esistenze sono inestricabilmente intrecciate con l’ambiente circostante. Senza gerarchie.
[Immagine in apertura: Olafur Eliasson, Life 2021. Installation view: Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2021. Courtesy of the artist; neugerriemschneider, Berlin; Tanya Bonakdar Gallery, New York / Los Angeles © 2021 Olafur Eliasson. Photo: Mark Niedermann]