Obiettivo 2026 per la costruzione del Beirut Museum of Art, che sorgerà nel cuore della capitale libanese lungo la linea di demarcazione che separava la città durante la guerra civile. Progettato dall'architetta statunitense Amale Andraos, cofondatrice dello studio WORKac, l'edificio sarà contraddistinto da una "facciata ibrida", che dissolve il modello espositivo del "white cube".

A quasi due anni dalle drammatiche esplosioni che sconvolsero l'area del porto di Beirut, danneggiando gravemente una vasta area della capitale libanese, è un segnale di fiducia e speranza quello che arriva dalla città. Lo scorso 25 febbraio, durante la cerimonia ufficiale alla quale hanno preso parte numerose autorità del Paese, a partire dal Premier Najib Mikati, è stata posata la prima, simbolica pietra del Beirut Museum of Art. L'avvio del cantiere per il nuovo (atteso) museo, che dovrebbe essere costruito entro il 2026, è stato salutato come il primo passo verso la ripresa della "normale vita culturale libanese", come auspicato dal Ministro della Cultura Mohammad Wissam Al Mortada. L'ARCHITETTURA DEL BEIRUT MUSEUM OF ART Promossa da BeMA, un'organizzazione non governativa senza scopo di lucro fondata nel 2017 e gestita da un consiglio di amministrazione di 17 membri, la progettazione del museo è stata affidata allo studio di architettura newyorkese WORKac, guidato dall'architetta Amale Andraos. L'edificio riflette gli obiettivi fondativi della nuova istituzione, concepita per favorire gli incontri interculturali e come “atto di resistenza e coraggio per un Libano aperto”, secondo la dichiarazione di Joe Saddi, che presiede BeMA. La struttura verrà costruita a cavallo della celeberrima Green Line, la linea di demarcazione che divideva Beirut negli anni Settanta, durante la guerra civile: si punta, dunque, a ricucire con la cultura la "storica" separazione fra i quartieri musulmani e l'area a prevalenza cristiana. Non solo. Il volume stesso del museo, che nel complesso disporrà di una superficie di 12.000 metri quadrati, intende ridefinire le categorie di pubblico e privato, di interno ed esterno. La facciata, porosa e permeabile, dissolve il modello del "white cube" espositivo, tradizionalmente chiuso e introverso. Evocando il "modello" del balcone mediterraneo, i progettisti di WORKac hanno previsto una successione di gallerie sfalsate, che dialogano con la città attraverso generose vetrate. Al loro interno, la collezione permanente di opere di arte moderna del museo verrà presentata in associazione agli interventi installativi di arte pubblica previsti sui balconi. Verranno inoltre adottate strategie per la ventilazione naturale, saranno impiegate schermature solari passive e attive sulla facciata e sarà predisposto un sistema di raccolta e riutilizzo dell'acqua piovana.ARTE E CULTURA PER IL FUTURO DEL LIBANO Una volta completato, il BeMA e l'adiacente National Museum of Beirut costituiranno un polo per la cultura libanese che potrà incentivare e rafforzare il dialogo e le opportunità di incontro per la comunità locale. "L'arte non è un lusso: è uno strumento per la pace", ha affermato durante la cerimonia inaugurale Sandra Abu Nader, che ha fondato BeMA con Rita Nammour. Per l'architetta Amale Andraos, che è stata preside della Columbia University Graduate School of Architecture, questo edificio è "un atto di intenzionale ottimismo". Con la sua architettura volutamente accessibile, inclusiva e aperta, che vuole "dialogare con quella della città, con le sue precedenti storie urbane e con la sua attuale vitalità", potrà contribuire a disegnare un altro futuro per il Libano. [Immagine in apertura: Rendering del Beirut Museum of Art. Credit BeMA]
PUBBLICITÀ