Nel 1955, in Alabama, una studentessa afroamericana si rifiutò di cedere il proprio posto a una ragazza bianca. Oggi, i visitatori possono mettersi nei suoi panni: al MEET Digital Culture Center, la storia di Claudette Colvin rivive grazie a un’esperienza in realtà aumentata.

Montgomery, Alabama, 1955. La segregazione razziale fa ancora tristemente parte della quotidianità di migliaia di persone. Un giorno, la studentessa afroamericana Claudette Colvin decide di opporsi a questa umiliazione: quando una giovane ragazza caucasica le chiede di lasciarle il posto sull’autobus, lei si rifiuta. Un gesto che oggi può sembrare semplice, ma che allora rappresentava l’inizio di una rivoluzione. Soltanto quindicenne, Claudette stava facendo la storia, lottando per i propri diritti e resistendo alle minacce. Una scelta, questa, che le costò l’arresto.  Oggi la sua vicenda è protagonista di un’esperienza immersiva in realtà aumentata al MEET Digital Culture Center di Milano. LA STORIA DI CLAUDETTE COLVIN AL MEET DI MILANO Dopo il grande successo al Centre Pompidou, la storia di Claudette Colvin arriva nel centro di ricerca milanese. L’installazione si intitola Noire, e consente ai visitatori di provare l’esperienza della segregazione razziale sulla propria pelle. Questo grazie al visore AR HoloLens 2 (occhiali che consentono di vedere contemporaneamente la realtà e il virtuale) e alle cuffie a conduzione ossea, che immergono lo spettatore nella ricostruzione di quell’evento.  Firmata dai registi Stéphane Foenkinos e Pierre-Alain Giraud, l’esperienza – dalla durata di 32 minuti e accessibile previa prenotazione – è disponibile fino al 10 marzo, e fruibile in gruppi di dieci persone in uno spazio appositamente allestito.LA REALTÀ AUMENTATA CONTRO LA DISCRIMINAZIONE Il progetto si basa sul saggio del 2015 di Tania De Montaigne Noire, la vie méconnue de Claudette Colvin, e punta a far conoscere l’importanza del gesto di Claudette Colvin che, purtroppo, è andato dimenticato (al contrario di quello di Rosa Parks, rimasto impresso nella memoria collettiva nonostante sia stato compiuto nove mesi dopo). Quella proposta dal MEET non è soltanto un’installazione, ma una nuova modalità narrativa, che in questo caso va a sostituirsi a quella del documentario. Ponendo lo spettatore al centro della storia, si auspica che questi nuovi modi di raccontare riescano a sensibilizzare il pubblico sui temi sociali e della discriminazione, oggi tutt’altro che superati. [Immagine in apertura: MEET, Noir, making of]
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