Per tre giorni – il 6, 7 e 8 giugno – le sale italiane accolgono la pellicola della regista olandese Oeke Hoogendijk. Intitolata "Il mio Rembrandt”, approfondisce l'ossessione per il pittore del Seicento da parte di collezionisti e mercanti d’arte.

Dopo Leonardo. Il capolavoro perduto e Tutankhamon. L’ultima mostra, l’iniziativa La Grande Arte al Cinema, progetto di Nexo Digital, porta nelle sale italiane un nuovo contributo dedicato agli Antichi Maestri: i prossimi 6, 7, 8 giugno sarà la volta de Il mio Rembrandt della regista olandese Oeke Hoogendijk. Il film ripercorre la storia del pittore olandese del XVII secolo, ma soprattutto la sfrenata passione per la sua pittura da parte di numerose figure di spicco del mondo dell’arte, tra colpi di scena e drammatici sviluppi.TUTTI PAZZI PER REMBRANDT“Il mio obiettivo era creare un dramma shakespeariano, mostrando i personaggi principali con ogni possibile elemento umano”, così la regista – già autrice del documentario Rijksmuseum e del pluripremiato The New – spiega l'idea alla base della pellicola. Indagando la fascinazione suscitata dai dipinti di Rembrandt, il film segue le vicende di celebri collezionisti d'arte e il loro eccezionale legame con le opere del pittore olandese. Il banchiere Eric de Rothschild, ad esempio, mettendo in vendita due dei suoi Rembrandt, ha dato origine a una dura battaglia politica tra il Rijksmuseum e il Louvre, mentre l’aristocratico mercante d’arte Jan Six ha intrapreso un viaggio complesso sulle tracce di due “nuovi” presunti dipinti dell'artista.IL SEGRETO DELLA PITTURA DI REMBRANDT“C'è qualcosa di curioso in Rembrandt; è come se il suo lavoro avesse una veridicità, un’emotività e un’empatia così straordinarie che chiunque guardi un suo dipinto vada alla ricerca di sé stesso. Questo è ciò che ha reso Rembrandt così speciale anche per i cittadini della Amsterdam del XVII secolo che facevano la fila per farsi ritrarre da lui: Rembrandt ha guardato sotto la superficie e ha mostrato chi fossero veramente le persone che disegnava", afferma la regista.Un'ossessione, quella per la pittura di Rembrandt, che a distanza di secoli non accenna a esaurirsi, spingendo collezionisti e mercanti a compiere anche scelte dalle conseguenze impreviste. “Rembrandt non lusingava i suoi committenti, pur avendo un occhio per la vanità e la raffinatezza dell'ambiente sociale che dipingeva. E ha applicato questo metodo senza pietà anche a se stesso. I suoi autoritratti, specialmente quelli tardi, sono esplorazioni incredibilmente oneste del tributo psicologico che paghiamo nel corso delle nostre vite. Nei suoi ultimi ritratti, Rembrandt pare rassegnato. ‘Accettami come sono’, sembra voler dire. Il suo modo di dipingere ti fa capire che la vita non è perfetta e che ognuno ha i suoi difetti e questo è ciò che ci rende umani. È così che, dal XVII secolo, Rembrandt alza uno specchio per noi contemporanei, uno specchio che stuzzica e solletica", conclude la regista.
PUBBLICITÀ