Non tutti conoscono la figura di Mario Tchou, eppure il suo ruolo nello sviluppo delle tecnologie avanzate (dentro e fuori dal nostro Paese) è stato cruciale. Un nuovo graphic novel ne racconta la storia, soffermandosi sulla sua straordinaria esperienza lavorativa al fianco di Adriano Olivetti.

“Era il 9 novembre 1961 e pioveva a dirotto. Adriano era mancato l'anno precedente e, alla Olivetti, le cose stavano cambiando rapidamente. Il futuro della divisione elettronica, fiore all'occhiello della grande industria di Ivrea, era ora nelle mani del nuovo consiglio di amministrazione”. Comincia con queste parole il nuovo fumetto di Ciaj Rocchi e Matteo Demonte: un'indagine a colori sulla vita e sull'esperienza professionale di una delle figure più influenti della nostra storia industriale. Portato sugli scaffali dalla casa editrice Solferino, La macchina zero (nell'immagine in apertura un dettaglio della copertina) racconta la vicenda di Mario Tchou, l'ingegnere e informatico italiano di origine cinese, noto per il ruolo avuto nello sviluppo del progetto di alta tecnologia Olivetti Elea. LA VITA DI MARIO TCHOU Coppia nella vita, oltre che nel lavoro, i due autori del volume cominciano il racconto a partire dalla tragica scomparsa del protagonista, avvenuta a soli trentasette anni in seguito a un incidente stradale nel 1961. Da quel momento la narrazione scorre toccando fasi diverse della vita di Tchou: la nascita a Roma nel 1924 (figlio del diplomatico cinese Yin Tchou), gli studi di ingegneria elettrotecnica tra l'Italia e gli Stati Uniti (dove dirigerà il prestigioso Hartley Laboratory di New York) e il rientro nel nostro Paese su richiesta di Adriano Olivetti, che in lui vide una risorsa cruciale per la costruzione del primo calcolatore elettronico tutto italiano. La scelta di Olivetti, figura lungimirante della nostra tradizione, fu ripagata appieno in brevissimo tempo: risale infatti al 1957 la progettazione dell'Elaboratore Elettronico Aritmetico – Elea 9003, il primo computer interamente realizzato con componenti a stato solido. La macchina segnò un passaggio fondamentale, cambiando per sempre il corso della tecnologia moderna. La morte improvvisa di Tchou, tuttavia, decretò la fine di quelle straordinarie sperimentazioni, chiudendo un'importante stagione per l'elettronica italiana. LE PAROLE DELL'AUTRICE “Forse è così per tutti. Forse scrivere un libro significa dimenticarsi un attimo di sé e diventare qualcun altro, entrare in un’altra vita fino a sovrapporre l’io di chi scrive a quello della narrazione, arrivando a farli combaciare. Con il disegno succede ancora di più. Ritrarre qualcuno nelle sue molteplici espressioni significa entrargli dentro, e non solo per via dei dettagli, delle sfumature, delle zone di luce e di ombra... disegnare più volte qualcuno significa evocarlo, sentirne la presenza, trovarselo a fianco”, racconta Ciaj Rocchi nella postfazione al volume. “Noi abbiamo lavorato al fianco di Mario Tchou per più di due anni. Ci siamo addentrati nella sua vicenda cercando di capire cosa avesse pensato, come avesse ragionato, quali emozioni avesse provato. Siamo partiti raccontando del padre, che avevamo incontrato nelle nostre precedenti ricerche, senza sapere dove saremmo arrivati. Abbiamo contattato la famiglia, gli amici, i colleghi. Più volte durante il percorso di ricerca abbiamo rischiato di perderci o perdere il bandolo della matassa perché la vicenda biografica di Mario Tchou è complessa, attraversa la storia d’Italia e della Cina, dell’industria, del design, della tecnologia, della scienza. Da John Ragazzini a Ettore Sottsass, da Enrico Fermi a LeCorbusier avvicinandosi a figure del calibro di Amendola o allo stesso Meuccio Ruini”. IL MODELLO OLIVETTI “Sentiamo parlare di necessità di dare un lavoro ai giovani, di ricambio generazionale", continua l'autrice. "Già Mario aveva capito che quella era la via per lo sviluppo e Olivetti sapeva che il futuro è dei ragazzi che sognano, che bisogna solo fornirgli i mezzi e dar loro quel poco di fiducia necessaria. E ora, a distanza di 60 anni, consapevoli dello stallo e della necessità di cambiare rotta, è proprio da lì che dovremmo ripartire, dall’intuizione di Mario Tchou e dal modello re-distributivo di Adriano Olivetti”.
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