Quali furono gli scrittori preferiti di David Bowie, e che influenza ebbero sul suo processo creativo? Se lo domanda, e risponde all'interno di un nuovo saggio, Pierpaolo Martino, che ha deciso di accendere i riflettori sulla passione del cantante inglese per romanzi e poesie.

Nel 2016, e dunque nello stesso anno della sua scomparsa, David Bowie è al centro di un articolo giornalistico del Guardian che indaga il rapporto tra il celebre musicista britannico e la letteratura. Autore del pezzo è Jake Arnott – scrittore di romanzi di culto come The Long Firm –, che in quell'occasione non esita a definire l'artista “a furious reader” (un avido lettore). Vero è, infatti, che l'influenza della letteratura è esplicita e costante in tutta la parabola creativa di Bowie, prendendo sfumature differenti a seconda del periodo storico, ma rimanendo una fonte di ispirazione percepibile in tantissimi brani. A dimostrarlo sono le stesse canzoni, nelle quali traspare tutta la passione del cantautore per romanzi e poesie. IL NUOVO SAGGIO SU DAVID BOWIE Un nuovo libro – presto in uscita per la casa editrice Mimesis – prende spunto proprio da quelle riflessioni di Arnott, accendendo i riflettori sugli autori preferiti di Bowie e sull'influenza che i grandi scrittori del passato (anche e soprattutto quelli inglesi) ebbero sul processo creativo del Duca Bianco. Si intitola Leggere Ziggy. David Bowie e la letteratura inglese, ed è stato scritto da Pierpaolo Martino, professore di Letteratura inglese presso l’Università degli Studi di Bari. DAVID BOWIE TRA MUSICA E SCRITTURA In libreria a partire dal prossimo 30 settembre, il saggio (nell'immagine in apertura un dettaglio della copertina) prende il via con una panoramica generale sul contatto tra Bowie e il mondo della scrittura. “Quelle di Bowie sono canzoni che si caratterizzano per una dimensione fortemente teatrale, non solo per la capacità dell’artista di creare personaggi e maschere diverse all’interno di uno stesso album, ma anche grazie alla loro capacità di 'risuonare' della parola altrui”, si legge tra le pagine del libro. Successivamente, la pubblicazione si sofferma su cinque personalità che hanno avuto un ruolo centrale nel definire l’immaginario “bowiano”: Arthur Clarke, lo scrittore di 2001: Odissea nello spazio, letto in rapporto al Bowie di Space Oddity; George Orwell, messo in relazione all’album Diamond Dogs; Christopher Isherwood di Addio a Berlino, analizzato in rapporto alla trilogia berlinese del 1977-1979, e infine Colin MacInnes (autore di Absolute Beginners) e Hanif Kureishi (con The Buddha of Suburbia), ripensati alla luce delle omonime opere di Bowie pubblicate rispettivamente nel 1986 e nel 1993. LE PAROLE DI PIERPAOLO MARTINO “'Leggere Ziggy' prende come punto di partenza (e in un certo senso di arrivo) la maschera più celebre di Bowie, ossia Ziggy Stardust, in quanto potente esemplificazione della sua filosofia della 'musica come teatro' e della vita stessa in quanto forma di scrittura, per indagare il rapporto di Bowie con la letteratura e nello specifico con la letteratura inglese”, dice l'autore. “Scopriremo come leggere Bowie in termini letterari significa tradurre il discorso artistico bowiano in una sorta di dialogo tra dialoghi in cui musica e letteratura interrogano altri linguaggi artistici quali cinema e fotografia e in cui l'immagine, la parola letteraria e il suono si ridefiniscono a vicenda”.
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