Il libro dedicato alle donne del Bauhaus
LETTERATURA
Chi erano le donne che diedero il
loro contributo all'esperienza del Bauhaus? Perché sappiamo così poco di loro, e come possiamo riportare i loro nomi alla luce legandoli per sempre alla storia della celebre scuola? Il nuovo
libro di Anty Pansera cerca di dare una risposta.
Il 2019 è stato l'anno in cui si è
celebrato il Bauhaus, con un gran numero di iniziative pensate per
riscoprire la creazione di Walter Gropius e, in molte occasioni,
rivalutare le figure femminili presenti nella celebre scuola di arti
e design. Molte sono state le mostre e i convegni che hanno visto
protagoniste le cosiddette “Bauhausmädel”, le “ragazze del
Bauhaus”: donne di talento, impiegate in discipline diverse eppure
rimaste a lungo “invisibili”, nascoste tra le pieghe della storia
nonostante l'uguaglianza di genere proclamata nello statuto della
scuola.
A puntare i riflettori su ognuna di
loro, gettando luce sull'attività e sulle vite (spesso incredibili)
di queste “figure minori”, è oggi Anty Pansera, autrice di una
puntuale e lodevole pubblicazione dedicata alle donne che diedero il
loro contributo all'esperienza del Bauhaus. Si intitola 494 Bauhaus
al femminile, e sarà presentato martedì 11 gennaio presso la
Triennale di Milano.
BAUHAUS E STEREOTIPI DI GENERE
Pubblicato da Nomos edizioni, il libro
è un omaggio alle numerose studentesse, docenti e professioniste
delle arti che dal 1919 al 1933 diedero il loro apporto alle
vicende della scuola fondata a Weimar (e successivamente spostata a
Dessau e Berlino).
Si tratta di figure attive in settori
diversi della scuola, impegnate nella tessitura come nella fotografia,
nell'architettura come nella stampa, nella grafica pubblicitaria e
nella pittura murale. Donne autonome e indipendenti, tutte accomunate
dalla determinazione a trovare una propria strada in settori prima
non accessibili. Tra queste Lisbeth Oestreicher (che
riuscirà a salvarsi dalla tragedia del campo di concentramento procrastinando il
completamento dei capi di maglieria realizzati per l’amante del
comandante del campo), Edith Suschitzky (che dopo aver frequentato il
corso di fotografia a Dessau aderisce al partito comunista austriaco
iniziando un’attività di agente segreto dell’Unione Sovietica) e
la misteriosa italiana Maria Grazia Rizzo (la cui storia è ancora
da ricostruire).
DONNE LIBERE E CONTROCORRENTE
“Leggendo la storia al femminile
narrata nel testo, attira l’attenzione come quella del Bauhaus sia
stata un’occasione persa di concretizzare l’uguaglianza di genere
proclamata nello statuto”, sottolinea Daria Grimaldi
nell'introduzione al libro.
“Considerando l’elevato numero
di donne iscritte (475 su 1400 iscritti ci dice la Pansera), e
l’entusiasmo con cui le stesse avevano accolto l’apertura di
genere da parte della scuola, è particolare l’esiguo numero di
nomi celebri e le scarse informazioni che si hanno di questo
'esercito di animose' di cui leggiamo nel testo. Osteggiate, nei
fatti, dai Maestri, secondo le direttive dello stesso fondatore, le
donne venivano volutamente indirizzate a determinati laboratori più
'adatti al sesso bello'. Colpisce il peso delle 'donne invisibili'
non passate alla storia, citate con nomignoli o come compagne e mogli
di uomini celebri”. Da oggi, fare in modo che i loro nomi non si spengano più è nostra
responsabilità.
[Immagine in apertura: forse in
occasione di una cerimonia di diploma. Da sinistra: Vera Meyer-
Waldeck, Margarete Dambeck, Otti Berger, Bella Broner
(Broner-Ullmann), Gertrud Preiswerk (Dirks), 1929-1930 c. ©
Bauhaus-Archiv Berlin]