Nel 40esimo anniversario di "Crêuza de mä", uno dei più straordinari capolavori del cantautore genovese Fabrizio De André viene raccontato in un libro. Tra i materiali che lo compongono, anche un’intervista a lungo rimasta nascosta e una nota introduttiva di Peter Gabriel.

Nato a Genova nel 1940, Fabrizio De André è stato uno dei cantautori più influenti della scena italiana. Con le sue canzoni, l’artista ha dato voce a chi non ne aveva, raccontando le vite degli invisibili e guadagnandosi l’appellativo di “cantautore degli emarginati". Nella primavera del 1984 pubblica un disco che, forse più degli altri, sarebbe entrato nell’immaginario collettivo italiano, rivoluzionando le definizioni stesse di canzone d’autore, musica leggera e canzone popolare: Crêuza de mä.I 40 ANNI DI “CRÊUZA DE MÄ” A distanza di quarant’anni, esce in libreria Facce da marinai. L’avventura mediterranea di Fabrizio De André e Mauro Pagani, edito da Arcana Edizioni (nell’immagine in apertura un dettaglio della copertina).  Scritto a quattro mani da Alfonso Amodio e Ferdinando Molteni, il volume ripercorre la genesi dell’iconico album e la sua evoluzione: un disco che condensa in sette tracce un capolavoro senza precedenti, cantato in dialetto genovese tanto stretto da diventare una lingua ancestrale. Nelle 128 pagine si susseguono le testimonianze dei tanti protagonisti del passato, ma spicca soprattutto un'intervista al "poeta degli sconfitti" – rimasta nascosta per lungo tempo negli archivi di una radio privata – che offre uno sguardo inedito sull’esordio del tour di Crêuza de mä in terra ligure.IL LIBRO SULL’ALBUM DI FABRIZIO DE ANDRÉ “Molti anni fa il mio amico David Byrne dei Talking Heads mi parlò in termini entusiastici di uno strano disco italiano, dal titolo ancora più strano, composto da un certo Fabrizio De André. Questo nome era per me del tutto sconosciuto”, racconta Peter Gabriel nella nota introduttiva, “ma rimasi colpito da quella musica misteriosa le cui radici affondavano nell’ancestralità mediterranea e mediorientale, suoni e aromi che sembravano provenire da un suk: era purissima world music, un pianeta che anche io avevo iniziato a esplorare alla fine degli anni Settanta, sia pure viaggiando su traiettorie diverse”.
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