Da metà luglio il Comitato del patrimonio mondiale si riunirà per decidere le sorti di alcuni siti il cui stato di conservazione non rispetta più gli accordi necessari per continuare a far parte dell’ambita lista.

Essere annoverati all’interno della lista di patrimoni dell’umanità che l’UNESCO si impegna a stilare per incentivare la salvaguardia delle ricchezze del nostro pianeta – sia sul piano naturalistico che culturale – rappresenta, per le nazioni coinvolte, tanto un meritato motivo di orgoglio quanto una responsabilità non indifferente da assumersi per il bene delle generazioni future. Con l’intento di assegnare a nuovi luoghi il prestigioso e ambito titolo, dal 16 al 31 luglio il Comitato del Patrimonio Mondiale inaugurerà a Fuzhou (capitale della provincia cinese del Fujian) la 44esima sessione della Assemblea annuale. L’evento, che si potrà seguire online, rappresenterà un momento molto importante soprattutto per quei siti la cui valorizzazione non è stata propriamente tra le migliori e che, pertanto, rischiano di essere depennati. I SITI UNESCO A RISCHIO Da un ultimo rapporto, pubblicato dall’UNESCO la settimana scorsa, sono emerse infatti gravi criticità (legate principalmente alle discutibili modalità di interazione tra l’uomo e l’ambiente circostante) che potrebbero causare sia la rimozione dalla lista di 2 siti che l’inclusione di 7 località all’interno della tanto temuta “Danger List”. A concorrere tristemente per l’espulsione dall’elenco dei patrimoni mondiali sono la Città Mercantile Marittima di Liverpool (sotto la lente di ingrandimento per la riqualificazione dell’area portuale) e la Riserva faunistica del Selous – in Tanzania – a causa della recente costruzione di una diga finalizzata alla produzione di energia elettrica sul fiume Rufiji. Destano inoltre particolare allarme anche le scelte infrastrutturali della città di Budapest – comprensiva delle rive del Danubio, del quartiere del Castello di Buda e del Viale Andrassy – e della regione di Ohrid (in Albania e Macedonia del Nord), l’impoverimento sempre più drammatico della barriera corallina, le svariate attività illegali che hanno coinvolto la penisola vulcanica di Kamchatka (in Russia), i cospicui conflitti interni che stanno dilaniando il complesso africano di W-Arly-Pendjari e lo sviluppo urbano della Kathmandu Valley, in Nepal. Ultimo tasto dolente l’annosa questione del degrado in cui da tempo versa una delle più note città italiane, Venezia che, soprattutto in quest’ultimo periodo di ripresa del turismo, non smette di accogliere orde di visitatori spesso traghettati da grandi navi da crociera responsabili di ingenti danni ambientali. [Immagine in apertura: Venezia. Photo Arianna Testino]
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