Il Battistero di Firenze ha riaperto al pubblico dopo otto mesi di stop. Per la prima volta, al termine di un’operazione di restauro cominciata nel 2017, sono visibili quattro delle otto pareti interne decorate con spettacolari mosaici trecenteschi.

I rivestimenti in marmo bianco e verde di Prato tirati a lucido, i dettagli dei mosaici trecenteschi raffiguranti profeti, santi e cherubini che ricoprono quattro delle otto pareti interne riportati all’antico splendore, il monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII – opera di Donatello e Michelozzo – finalmente liberato dalle polveri superficiali.  È un Battistero in forma particolarmente smagliante quello che fiorentini e turisti hanno potuto ammirare in seguito alla recente riapertura, dopo otto mesi di chiusura in parte dovuta alle misure adottate per contrastare la pandemia. Il lungo stop non ha frenato i lavori di restauro delle pareti interne della chiesa, diretti e finanziati dall’Opera di Santa Maria del Fiore con circa due milioni di euro e iniziati nel 2017. Alla fine di gennaio, ultimato l’intervento sui primi quattro lati, i ponteggi sono stati trasferiti sui quattro rimanenti, i cui mosaici sono già stati restaurati in passato, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, e per questo sono oggetto di speciali indagini diagnostiche. Nel frattempo, è cominciata anche la manutenzione dell’antico pavimento di marmo intarsiato.  IL RESTAURO DEL BATTISTERO TRA SCOPERTE E DOMANDE La campagna di studi e di restauro, condotta per la prima volta nella storia del monumento in maniera così approfondita, ha consentito di effettuare alcune scoperte di rilievo, dal riscontro dell’assoluta originalità della tecnica musiva al rinvenimento di tracce di foglia d’oro su uno dei capitelli dei matronei, un particolare che sembra provare che in origine fossero tutti dorati.  In una delle quattro pareti ancora da restaurare è collocata l’abside del Battistero, rivestita nella volta e sull’arco trionfale da mosaici che contengono un enigma al quale nessuno fino a oggi è riuscito a dare risposta. Qui, un’iscrizione in latino riporta che i lavori partirono il 12 maggio 1225, e che coinvolsero Jacopo frater santi francisci. “A partire dal Vasari e fino all’Ottocento”, spiega Annamaria Giusti, consulente storico artistico per il restauro dei mosaici, “si è creduto che l’iscrizione alludesse a Iacopo Torriti, celebre pittore e mosaicista, attivo ad Assisi e Roma mezzo secolo dopo. È verosimile piuttosto che l’iscrizione sia stata aggiunta ai mosaici della scarsella in epoca successiva alla loro realizzazione, come fa pensare anche la citazione di San Francesco, che fu dichiarato santo solo tre anni dopo, nel 1228”. [Immagine in apertura: Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore, photo Claudio Giovannini]
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