Fino al 25 agosto, una mostra al MUSE – Museo delle Scienze di Trento riunisce le opere di quattro artiste (Chiara Camoni, Yto Barrada, Liv Bugge e Ana Vaz) che mettono in relazione il mondo minerale e l’arte contemporanea, indagando il tempo lento e ancestrale della Terra.

Anche le pietre, le rocce e i minerali possono raccontare una storia: quella delle montagne, dei deserti e degli oceani di cui sono parte. Al MUSE – Museo delle Scienze di Trento quattro artiste – Chiara Camoni, Yto Barrada, Liv Bugge e Ana Vaz – indagano il mondo minerale con le proprie pratiche creative, offrendo all’osservatore uno sguardo inedito su rocce e fossili. Fino al 25 agosto, la retrospettiva Ecologie minerali, a cura di Alice Labor, mette in dialogo le collezioni geologiche del museo – costituite da oltre 20mila campioni raccolti dal 1770 a oggi e solitamente non visitabili al pubblico – con i linguaggi più sperimentali dell’arte contemporanea.LA MOSTRA SUI MINERALI AL MUSEO DELLE SCIENZE DI TRENTO“Pensare geologicamente significa tenere negli occhi della mente non solo ciò che è visibile in superficie ma anche quanto è presente nel sottosuolo, ciò che è stato e ciò che sarà”, scrive la geologa Marcia Bjornerud nel libro Il tempo della Terra. Ed è proprio questo che le artiste riescono a fare, attraverso un progetto espositivo suddiviso in quattro sezioni che, grazie a racconti visuali e orali, testi di approfondimento, film e reperti scientifici, mette in luce le profonde connessioni che legano l’uomo alla materia, alle sostanze organiche e inorganiche. Fulcro del percorso è Convivium, l’installazione site specific di Chiara Camoni e del Centro di Sperimentazione. Realizzata in ottone, stampe vegetali su seta, ceramiche e rocce tratte dalle collezioni geologiche del museo, l’opera vuole essere uno spazio di condivisione in cui i minerali vengono esposti e raccontati in una prospettiva decoloniale. Parallelamente, i video di Liv Bugge, Ana Vaz e Yto Barrada ampliano la comprensione delle dinamiche economiche, storiche, politiche e culturali che hanno plasmato le relazioni umane con la materia geologica.UNA RIFLESSIONE SULLA CRISI ECOLOGICA CONTEMPORANEAQuel che ne risulta è una narrazione ancestrale, che mette l’osservatore al cospetto di un tempo lento e senza fine che non è quello umano, ma quello minerale. Allo stesso tempo, una nuova “ecologia delle relazioni” prende forma, mettendo in connessione l’organico e il minerale e lasciando emergere tutta la complessità dei legami di interdipendenza di cui siamo parte. La mostra, infatti, “si addentra nelle stratificazioni geologiche attraverso ricerche artistiche e scientifiche”, spiega Alice Labor, “per ridefinire narrazioni e relazioni di coesistenza di fronte alle crisi ecologiche del nostro tempo, ribaltando le nostre prospettive sulla materia inorganica e riconoscendo le interconnessioni che ci costituiscono. Comprendere il tempo delle rocce, delle montagne, dei deserti e degli oceani significa cambiare scala di misura: abbandonare il tempo umano per entrare in quello della Terra”.[Immagine in apertura: Muse, Agora, Ecologie Minerali. Foto Michele Purin]
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