Gli scatti di Luigi Spina in mostra alla Galleria dell'Accademia di Firenze regalano uno stupefacente colpo d’occhio sui celeberrimi bronzi del V secolo a.C., a cinquant’anni dal loro ritrovamento.

In occasione dei festeggiamenti per i cinquant'anni dal ritrovamento dei magnifici Bronzi di Riace nel 1972, la Galleria dell'Accademia di Firenze ospita, dal 20 dicembre al 12 marzo 2023, la mostra I Bronzi di Riace un percorso per immagini, a cura di Carmelo Malacrino, il direttore del MarRC, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. La mostra illustra, grazie a sedici spettacolari immagini di Luigi Spina in grande formato (90x134 cm), la potenza e il vigore tuttora emanati dalle due statue: sarà anche l'occasione per comparare le meraviglie in bronzo del mondo greco con la superba creazione di Michelangelo, il David, che “celebra” i suoi 140 anni nella Tribuna del museo fiorentino. IL SALVATAGGIO DEI BRONZI DI RIACE I due bronzi vennero scoperti il 16 agosto 1972 durante una battuta di pesca subacquea vicino a Riace Marina, a otto metri di profondità. Portate fuori dall'acqua dalle autorità, le due statue, di evidente fattura classica, vennero trasportate al Museo Archeologico di Reggio Calabria per un primo intervento di restauro, per essere poi trasferite a Firenze nel 1975, presso il Laboratorio della Soprintendenza Archeologica della Toscana. Quando vennero esposte per la prima volta al pubblico, dapprima nel 1980 al Museo Archeologico di Firenze e poi nel 1981 al Palazzo del Quirinale, il numero di visitatori giunti per ammirarle fu incredibile. Le analisi scientifiche hanno permesso di scoprire che le due statue furono forse realizzate da due botteghe diverse e che risalgono alla metà del V secolo a.C., l'epoca d'oro della statuaria. I BRONZI DI RIACE NEGLI SCATTI DI LUIGI SPINA Le fotografie di Luigi Spina sono suddivise in due sequenze: otto immagini sono dedicate alla statua A, al cosiddetto Giovane, e altre otto sono dedicate alla statua B, il Vecchio. La fotografia, secondo Luigi Spina, “sottolinea l’epidermide bronzea, diversa per ciascun soggetto, che prende forma, densità e lucentezza, e il chiaroscurale dei corpi si tinge dello spettro multiforme del bronzo che, al variare della luce, mostra superfici corporee che dialogano con l’occhio dell’osservatore”. Spina è un fotografo specializzato in archeologia, e ha realizzato 22 libri fotografici. Oltre a Sing Sing. Il corpo di Pompei, non vanno dimenticati L’Ora Incerta, The Buchner Boxes, Le Danzatrici della Villa dei Papiri, Diario Mitico, Cronache visive sulla collezione Farnese, Canova. Quattro tempi. Nel 2020 Artribune l’ha insignito del titolo di miglior fotografo dell’anno. [Immagine in apertura: © Luigi Spina. Courtesy 5 Continents Editions]
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