Al Mattatoio di Roma si celebrano i cento anni dalla nascita del regista lituano Jonas Mekas, caposcuola del New American Cinema.

È stata una delle voci più sperimentali (e più sincere) del cinema d'avanguardia: oggi la mostra Jonas Mekas. Images Are Real celebra l'eredità del regista lituano Jonas Mekas scomparso nel 2019. L'esposizione, a cura del duo Francesco Urbano Ragazzi, è allestita presso il Padiglione 9b del Mattatoio di Roma fino al 26 febbraio 2023. La mostra offre, attraverso una vasta selezione di opere, una panoramica completa dell'opera del filmmaker lungo i suoi sessant'anni di carriera. Mekas nasce in Lituania un secolo fa, nel 1922, emigra negli Stati Uniti al termine del secondo conflitto mondiale e lì compra la sua prima cinepresa Bolex, leggera e maneggevole: diventa da subito un'estensione della sua mano, uno strumento per documentare la quotidianità. IL CINEMA SECONDO MEKAS Nel 1960 diventa fulcro del New American Cinema Group, che rigetta le convenzioni narrative delle grandi produzioni hollywoodiane, e contribuisce allo sviluppo, fra gli anni Sessanta e Settanta, della Film-Makers’ Cooperative e dell’Anthology Film Archives. In Mekas, la biografia si intreccia in modo indistricabile con la filmografia: l'esperienza della prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale viene sublimata nel film The Brig del 1964, che nella mostra romana è messo in correlazione con la serie fotografica Purgatorio, in cui l’artista narra la vita nel secondo dopoguerra, e con Ein Märchen aus alten Zeiten (Una fiaba d'altri tempi), un video realizzato l'11 settembre 2001 in seguito all'attentato terroristico alle Torri Gemelle di New York. Nel 1967 a Roma conosce Pier Paolo Pasolini, un altro regista dallo stile molto personale e antiaccademico. I due hanno una certa comunanza di vedute sul valore artistico del cinema: la loro conversazione è pubblicata nel libro Scrapbook of the Sixties: writings 1954-2010, presente in mostra. Il primo diary film del regista è Walden del 1968, presentato a Roma su due schermi. Dal film Birth of a Nation del 1997 sono stai estratti i ritratti di alcuni degli amici che Mekas ha saputo radunare attorno all'idea comune di un cinema concepito in maniera totalmente opposta alla ricerca del gigantismo di Hollywood. LA MOSTRA SU MEKAS A ROMA Negli ultimi anni l'indagine del filmmaker si concentra sull'introspezione autobiografica, nel 2006 sbarca su YouTube e l'anno successivo inizia il monumentale 365 Day Project: per ogni giorno dell'anno realizza e condivide un video. La mostra si conclude con In an Instant It All Came Back to Me del 2015, in cui il regista utilizza 768 fotogrammi presi dai suoi film per realizzare trentadue vetrate: la pellicola è diventata la finestra che si apre sul mondo esterno, sulla vita autentica. Il titolo della mostra è tratto da un brano del suo film Out-takes from the Life of a Happy Man del 2012, che è stato realizzato con brevi spezzoni di scene non utilizzate nei film dagli anni Sessanta al Duemila: una sorta di autobiografia cinematografica alternativa. In quel film, il protagonista riflette tra sé e sé e afferma: “Le memorie sono passate, ma le immagini sono qui, e le immagini sono reali!”. [Immagine in apertura: Jonas Mekas all'apertura della mostra The Internet Saga, Venezia, 2015. Photo Giulio Favotto]
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