I capolavori perduti di Klimt rivivono online

Eminente figura della Secessione viennese, a oltre cento anni dalla scomparsa il pittore austriaco <a href="https://arte.sky.it/news/mostra-immersiva-toronto-gustav-klimt" target="_blank">Gustav Klimt </a>è considerato fra gli artisti europei più influenti e originali del secolo scorso. Merito del suo riconoscibile linguaggio artistico, contraddistinto da uno stile sofisticato e visionario, nonché dalla piena padronanza di numerose tecniche pittoriche e decorative. Scorrendo la sua biografia, balza tuttavia agli occhi un dato di non secondario rilievo: conosciuto per opere magistrali, fra cui il celeberrimo Bacio e l’olio su tela <a href="https://arte.sky.it/archivio/2020/10/mostra-ritratto-klimt-rubato-piacenza" target="_blank">Ritratto di signora</a>, protagonista in Italia di un intricato episodio degno di un romanzo giallo, Klimt fu autore di un numero di opere ben più cospicuo di quelle effettivamente giunte fino a noi. Circa il 20% della sua produzione artistica è infatti andata perduta nel corso dei decenni, anche a causa di eventi infausti, come il rovinoso incendio al castello di <a href="https://arte.sky.it/archivio/2018/04/serie-capolavori-perduti-gustav-klimt" target="_blank">Immendorf </a>in Austria, nel 1945, nel corso del quale vennero distrutti i cosiddetti Quadri della Facoltà. <h2>I CAPOLAVORI DI KLIMT IN UNA GRANDE MOSTRA ONLINE</h2> Esito della collaborazione tra Google Arts & Culture e oltre 30 partner e istituzioni, inclusi il Belvedere, l'Albertina, la Klimt Foundation, la Neue Galerie New York e il Metropolitan Museum of Arts, la mostra online Klimt vs Klimt ‒The Man of Contradictions rappresenta l'occasione per conoscere e "sperimentare" oltre 120 opere dell'artista grazie ad avanzati strumenti digitali. Una selezione ampia e scrupolosa, della quale fanno parte i massimi capolavori della sua carriera, le opere meno conosciute e persino una parte della sua produzione non più fruibile negli spazi espositivi canonici. È questo il caso proprio dei Quadri della Facoltà: realizzati da Klimt su incarico dell'Università di Vienna, vennero da quest'ultima rifiutati perché reputati critici versa la scienza, prima di andare persi per sempre nel rogo. Intuibile a partire da fotografie in bianco e nero risalenti a inizio Novecento, l’aspetto cromatico e compositivo di queste opere di grandi dimensioni è stato oggi ricostruito grazie al progetto di Google, al machine learning e alle competenze del Dr. Franz Smola, esperto di Klimt di fama internazionale. <h2> RICOSTRUITI I COLORI USATI DA KLIMT</h2> “I tre 'Quadri della Facoltà' di Klimt sono tra le opere più grandi che Klimt abbia mai creato e nel campo della pittura simbolista rappresentano i capolavori dell’artista”, ha spiegato il Dr. Smola, chiarendo il rilievo dell’operazione di restituzione dell’identità cromatica, seppur in versione digitale. “Per l'effetto travolgente di questi dipinti i colori sono stati essenziali e hanno fatto scalpore tra i contemporanei di Klimt. Perciò la ricostruzione dei colori è sinonimo di riconoscimento del vero valore e significato di queste eccezionali opere d'arte”, ha infatti sottolineato. Visitabile sul <a href="https://artsandculture.google.com/project/klimt-vs-klimt" target="_blank">sito dedicato</a> o tramite l’app gratuita di Google Arts & Culture, Klimt vs Klimt include un’esperienza immersiva in realtà aumentata, una 3D Pocket Gallery e oltre 60 capolavori dell'artista catturati in altissima risoluzione attraverso l'Art Camera di Google: non manca Il Bacio, i cui dettagli sono così esperibili come mai prima d'ora. [Immagine in apertura: Belvedere - Medicine in colour on Google Arts & Culture. Courtesy Google Arts & Culture]

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Il docufilm sul rapporto conflittuale fra Picasso e Parigi

Il potere della danza nel nuovo cortometraggio di Pietro Pinto

Il regista italiano <a href="https://www.pietropintofilms.com/" target="_blank">Pietro Pinto</a> ha da poco ultimato le riprese di Upside Down Dancers: un progetto ambizioso che parte dal recente periodo pandemico per raccontare una storia fatta di apprensioni e speranze. Diviso in tre parti, il cortometraggio segue le vicende di altrettanti ballerini di San Francisco (città nella quale lavora da diverso tempo anche il cineasta stesso), costretti a vivere una frustrante condizione di precarietà dettata dal Covid-19. Così come è avvenuto con il precedente <a href="https://arte.sky.it/news/icarus-film-danza-pietro-pinto" target="_blank">Icarus</a>, ancora una volta Pinto si affida alla poesia della danza per descrivere tutta la tenacia di chi, in un momento così difficile, non smette di credere nei propri sogni. Inserito all’interno del programma ufficiale della 23esima edizione del festival internazionale <a href="https://www.cortolovere.it/" target="_blank">CortoLovere</a>, sotto la direzione artistica di Gianni Canova, il primo capitolo del film sarà proiettato in anteprima venerdì 8 ottobre presso il Cinema Teatro Crystal Lovere della località lombarda. <h2>LE PAROLE DI PIETRO PINTO</h2>
“Fare questo film è stato un processo davvero complesso quanto emozionante”, ha dichiarato Pietro Pinto. “Una volta arrivato il Covid a San Francisco ho subito cercato una storia che potesse raccontare il dramma dei nostri tempi. Volevo che questa fosse una storia drammatica ma al tempo stesso poetica e piena di speranza. Mi sono quindi subito rivolto ai tre primi ballerini del San Francisco Ballet, Angelo Greco, Misa Kuranaga, Wei Wang, che avevano perso la possibilità di esibirsi e vivevano il dramma di non sapere quando e come avrebbero ripreso a ballare per il loro pubblico. I tre primi ballerini sono stati felicissimi di lanciarsi in questo progetto che potesse mettere in mostra il momento difficile della loro vita professionale. Vivendo in una città come San Francisco è facile alternare a momenti di dramma dettati dalla chiusura del SF Ballet, momenti di sogno onirici in cui i tre riescono ancora a ballare e incontrarsi nei luoghi più belli della città”.

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L'Iliade diventa un avvincente spettacolo teatrale

Alla Scala di Milano la Turandot di Puccini in versione ipertecnologica

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