Una collezione di cornici vuote in mostra al Louvre

A volte il rapporto tra il contenuto e il "contenitore" di un'opera d'arte può avere risvolti inaspettati, invertendo l'ordine di importanza che si è soliti attribuire alle due categorie. Trae spunto da queste considerazioni la scelta del <a href="https://arte.sky.it/archivio/2021/03/collezione-louvre-sito-database/" target="_blank">Louvre </a>di Parigi di esporre una parte della raccolta di cornici antiche abitualmente custodita nei suoi depositi. La peculiarità di questa iniziativa sta nell'evidenziare l'artisticità stessa della cornice che, vuota, smette i panni di contenitore e si trasforma in un contenuto da ammirare. Nell'ambito delle attività di studio e inventario messe in campo dal département des Peintures, il museo parigino ha selezionato alcune delle 9000 cornici antiche presenti nella sua raccolta, offrendole allo sguardo del pubblico in maniera inedita. Un'opportunità da non lasciarsi sfuggire per ammirare capolavori solitamente inaccessibili e poco noti, ma soprattutto per leggere la storia dell'arte alla luce dei cambiamenti che li hanno visti protagonisti.<h2>LE CORNICI E LA STORIA</h2> A balzare all'occhio, oltre alle tecniche di lavorazione, spesso al limite del virtuosismo, con cui furono intagliate le cornici, è il dialogo di queste ultime con i dipinti che delimitavano. Un dialogo oggi quanto mai prezioso per cogliere le ragioni che inducevano i committenti oppure gli stessi artisti a scegliere una determinata tipologia di cornice al posto di un'altra. La struttura che circonda il dipinto ‒ la sua forma, le sue caratteristiche, il materiale che la contraddistingue ‒ influenza la percezione dell'opera, suggerendo un preciso punto di vista su di essa e restituendo una dimensione storica alle maniere con qui, nel corso dei secoli, a partire dall'apertura del Louvre nel 1793, erano presentati i dipinti. [Immagine in apertura: © 2021 musée du Louvre]

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Il docufilm sul rapporto conflittuale fra Picasso e Parigi

Scoprire un capolavoro che esiste da 950 anni: il Duomo di San Martino a Lucca

La storia del celebre Duomo di San Martino arriva a un importante traguardo, coprendo un arco temporale di circa un millennio. Consacrato da Papa Alessandro II nel 1070, l’incredibile complesso architettonico continua a rappresentare ancora oggi l’emblema della spiritualità lucchese. In occasione di questo anniversario, la casa editrice PubliEd – con il sostegno del Comune di <a href="https://arte.sky.it/news/donne-puccini-lucca-street-art" target="_blank">Lucca</a> e delle Fondazioni Cassa di Risparmio e Banca del Monte di Lucca – ha dato recentemente alle stampe un ricco volume che ripercorre le tappe più importanti della sua costruzione. Si intitola San Martino a Lucca. Storie della cattedrale e, attraverso i contributi di noti studiosi e un sontuoso apparato di immagini, analizza i dettagli nascosti tra i dipinti, le statue e i marmi che caratterizzano la Chiesa Madre di Lucca. <h2>IL LIBRO SULLA CHIESA DI SAN MARTINO</h2> A impreziosire il volume sono i contributi di otto esperti del settore e di un talentuoso fotografo. Dal curatore Paolo Bertoncini Sabatini a Monsignor Timothy Verdon, sono diverse le penne che descrivono le peculiarità di questo monumento unico nel suo genere. Da segnalare l’intervento di Clario Di Fabio, incentrato sul ruolo dello scultore <a href="https://arte.sky.it/archivio/2015/06/modernita-sculture-nicola-giovanni-pisano/" target="_blank">Nicola Pisano </a>e delle sue decorazioni che adornano il portico, e gli scritti di Annamaria Giusti e Luigi Bravi che, rispettivamente, affrontano il tema delle sepolture e delle iscrizioni. Spetta invece al critico d’arte<a href="https://arte.sky.it/archivio/2019/08/mostra-caravaggio-giappone/" target="_blank"> Luigi Ficacci</a> presentare al lettore gli scatti realizzati da Andrea Vierucci, attraverso un capitolo intitolato Il teatro della pittura: focus sul percorso decorativo che, tra marmi policromi e virtuosismi, ha definito l'identità della chiesa. [Immagine in apertura: Duomo di San Martino, soffitto. Photo Andrea Vierucci]

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