Le icone fotografiche di Steve McCurry in mostra a Conegliano

Conosciuto soprattutto per il forte magnetismo delle sue fotografie, <a href="https://arte.sky.it/archivio/2019/09/steve-mccurry-mostra-fotografia-modena" target="_blank">Steve McCurry</a> è sempre riuscito a immortalare i propri soggetti calandoli in una storia più ampia, che chiama in causa le loro radici. Riunendo alcuni dei progetti più iconici del grande fotografo statunitense, il Palazzo Sarcinelli di Conegliano (in provincia di Treviso) inaugura oggi, 6 ottobre, una nuova mostra a lui dedicata. 
<h2>LA MOSTRA DI STEVE MCCURRY A CONEGLIANO</h2>
Curata da <a href="https://arte.sky.it/archivio/2020/01/steve-mccurry-mostra-fotografia-monza" target="_blank">Biba Giacchetti</a>, Steve McCurry. Icons presenta un corpus di oltre 100 fotografie che ripercorrono le tappe più importanti della quarantennale carriera di McCurry: un viaggio nella poetica del fotoreporter per evidenziarne gli aspetti più intimi e umani. Dai drammatici scatti realizzati in Afghanistan nel 1992 fino ai suggestivi ritratti di un Paese estremamente variegato come l’India, la rassegna individua i punti nevralgici della geografia fotografica dell'autore. Un’esplorazione continua, quella di McCurry, che trova proprio in Oriente una inesauribile fonte di ispirazione, come testimoniano il ciclo di fotografie dedicate alla stagione dei monsoni o quelle che rimandano al Buddhismo. Scatti nei quali compaiono il complesso monumentale di <a href="https://arte.sky.it/archivio/2021/03/angkor-wat-cambogia-progetto-resort-turistico" target="_blank">Angkor</a>, in Cambogia, o la Roccia d’oro di Myanmar, in Birmania, sono soltanto alcuni degli esempi più evidenti di un chiaro interesse verso lo spiritualismo di matrice orientale. La mostra, visitabile fino al prossimo 13 febbraio, offrirà inoltre la possibilità di effettuare ulteriori incursioni visive in terre lontane come lo Yemen, il Giappone, lo Sri Lanka e Papua Nuova Guinea.
<h2>LA RAGAZZA AFGHANA</h2> Fra le varie “icone” presenti in mostra non poteva mancare il celeberrimo ritratto di <a href="https://arte.sky.it/archivio/2016/03/il-mondo-fotografato-da-steve-mccurry-a-torino" target="_blank">Sharbat Gula</a>, meglio nota come “la ragazza afghana”: uno scatto entrato di diritto sia nella storia della fotografia contemporanea sia nell’immaginario collettivo. Realizzata nel 1984 in un campo profughi vicino a Peshawar, in Pakistan, l’immagine ritrae il volto di una giovane donna dai cui occhi trapelano tutta la durezza e la disillusione di chi si è ritrovato ad affrontare situazioni cariche di disperazione. Pubblicata come copertina del National Geographic nel 1985, la fotografia è diventata, nel corso del tempo, il soggetto principale di numerose campagne di solidarietà. Rimasta “senza nome” per circa 15 anni, soltanto nel 2002 è stato possibile scoprire la vera identità della donna, quando McCurry si recò nuovamente a Peshawar con l’intenzione di guardarsi riflesso, ancora una volta, in quegli stessi occhi. Estremamente riconoscente verso Sharbat Gula, Steve McCurry ha successivamente provveduto ad aiutare lei e il marito in modi diversi, fornendo – per esempio – a entrambi i mezzi necessari per compiere un pellegrinaggio verso la Mecca. Come ricorda lo stesso autore: “Era il sogno più importante della loro vita e senza quella foto non si sarebbe mai realizzato. È stato bello poterle rendere almeno in parte ciò che le dovevo”. [Immagine in apertura: Sharbat Gula, Peshawar, Pakistan, 1984 © Steve McCurry]

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Dopo 60 anni torna in libreria lo storico catalogo ragionato dell'opera di Marcel Duchamp

<a href="https://arte.sky.it/archivio/2020/02/marcel-duchamp-libro-senaldi" target="_blank">Marcel Duchamp</a> è stato a lungo un enigma per gli storici dell’arte e, contemporaneamente, una interminabile fonte di ispirazione per gli artisti. 
Creatore rivoluzionario, inventore dei ready made, giocatore di scacchi e maestro “concettuale”, Duchamp è riuscito a mettere in discussione la comune visione dell'arte del suo tempo, sovvertendo i parametri tradizionali e aprendo le porte a ciò che più tardi avremmo chiamato “arte contemporanea”. Pensate alle sue creazioni più famose, in particolare alla celebre Fontana (l'orinatoio del 1917 firmato "R. Mutt") o allo Scolabottiglie: si tratta di opere estremamente sovversive, diventate negli anni emblemi di un modo “moderno” di produrre e comprendere l'oggetto artistico. 
<h2>LA MONOGRAFIA DI MARCEL DUCHAMP</h2> A gettare luce sulla produzione del grande maestro francese sarà presto la casa editrice <a href="https://www.hauserwirth.com/publishers" target="_blank">Hauser & Wirth Publishers</a>, pronta a riportare sugli scaffali (dopo oltre sessant'anni) quello che fu il primo catalogo ragionato dell'opera di Duchamp: un libro storico, perché compilato sotto la supervisione dello stesso artista – che evidentemente nel volume vide una sorta di “testamento” della sua parabola professionale, prossima al capolinea. 
Pubblicato originariamente nel 1959 dalla casa editrice Grove Press English, il libro – dal titolo Marcel Duchamp – contribuì a far conoscere la produzione dell'artista al pubblico inglese, grazie a una serie di saggi e commenti alle opere redatti dallo stesso maestro dadaista, da Henri-Pierre Roché e da André Breton. Il tutto coordinato in collaborazione con Robert Lebel, autore e storico dell'arte assai vicino a Duchamp. 
<h2>IL NUOVO LIBRO</h2> In uscita il prossimo 8 novembre, e pubblicato con l'intento di riportare sugli scaffali la monografia così come originariamente pensata, rispettandone ogni aspetto in modo fedele (dal design alla tipologia dei caratteri all'impaginazione), il libro della Hauser & Wirth Publishers sarà diviso in due volumi contenuti all'interno di un prezioso cofanetto da collezione. 
Il risultato è un catalogo ragionato in tutto e per tutto simile a quello pubblicato sei decenni fa, e per questo autorizzato dalla <a href="http://marchanddusel.com/" target="_blank">Association Marcel Duchamp</a>. Un compendio per collezionisti, studiosi e appassionati del genio francese, utile a comprendere come – nonostante il lungo lasso di tempo trascorso – le opere di Duchamp siano ancora capaci di sorprenderci e di parlarci con la stessa forza di ieri. [Immagine in apertura: Marcel Duchamp signing the labels EAU & GAZ À TOUS LES ÉTAGES for the deluxe edition of Sur Marcel Duchamp at the Trianon Press offices, Paris, September 23, 1958. Photograph by Richard Lusby. Courtesy Marcel Duchamp Archives, Paris]

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