
Il software di intelligenza artificiale che aiuta a cercare relitti subacquei
Altro
04 agosto 2021

Il software di intelligenza artificiale che aiuta a cercare relitti subacquei
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04 agosto 2021
Un team di ricercatori americani ha messo a punto il primo modello di intelligenza artificiale dedicato all’archeologia subacquea: un software di ultima generazione in grado di rilevare i resti di navi presenti nelle profondità marine.
Riportare alla luce i relitti delle navi antiche è un modo molto importante per conoscere il nostro passato. Le vecchie navi che spesso si trovano al largo delle coste conservano infatti preziosissime informazioni sulle civiltà che ci hanno preceduto, aiutandoci a comprendere numerosi fenomeni relativi al commercio, alle guerre e alle migrazioni dei nostri “antenati”.
Eppure, sondare la superficie del fondale marino è spesso complicato e dispendioso, oltre che pericoloso. Il nuovo software sviluppato dai ricercatori dell'Università di Austin, in Texas, e dall'Underwater Archaeology Branch della marina statunitense, offre nuove prospettive al riguardo: uno strumento di ultima generazione per “sondare” le profondità dei mari mediante l'intelligenza artificiale.
LA PRIMA FASE DEL PROGETTO
Nato grazie al contributo dei ricercatori Leila Character, Agustin Ortiz JR, Tim Beach e Sheryl Luzzadder-Beach, il progetto consiste nella creazione di un programma innovativo in grado di rilevare relitti di navi presenti oltre la superficie marina, a partire da una serie di immagini “immesse” nel database del computer.
Primo step per l'implementazione del software è stato infatti “insegnare” al programma cosa cercare: in altre parole, come è fatto fisicamente un relitto navale. Nello specifico sono stati inseriti nella banca dati del computer svariati esempi di relitti (provenienti dall'archivio pubblico di NOAA – National Oceanic and Atmospheric Administration), ma anche fotografie dei fondali oceanici, in maniera da rendere chiara la differenza tra una struttura di interesse archeologico e le conformazioni che naturalmente il fondale marino presenta.
I RISULTATI DELL'OPERAZIONE
Successivamente si è passati alla prova dal vivo, concentrandosi in particolare sulle coste di Stati Uniti e Porto Rico. In questo caso, il software – grazie a rilevazioni Lidar e Sonar – è stato in grado di rilevare il 92% dei relitti subacquei noti, dimostrandosi quasi del tutto affidabile e capace di individuare la maggior parte dei resti di vecchie imbarcazioni (alcune delle quali situate a più di ottanta metri di profondità).
Ora l'obiettivo è ampliare le “conoscenze” del software, rendendolo capace di riconoscere non solo i relitti delle navi, ma anche i resti di edifici, sculture e aeroplani “conservati” in fondo al mare. Ancora una volta la tecnologia si dimostra, insomma, un alleato imprescindibile per l'esplorazione del nostro passato.
[Immagine in apertura: Photo by NOAA on Unsplash]
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