Addio a Letizia Battaglia, fotografa senza paura

<p>Era uno sguardo lucido e consapevole quello che <a href="https://arte.sky.it/news/programmi-tv-26-novembre-letizia-battaglia" target="_blank">Letizia Battaglia</a> puntava senza sosta sul presente, documentandone anche le caratteristiche più scomode e crudeli. Scomparsa all'età di 87 anni, la fotografa palermitana aveva dato un nuovo significato al linguaggio dell'obiettivo, distinguendosi per la capacità di raccontare le dinamiche della sua terra in particolare, e della società italiana in generale, senza concedere sconti, ma fissando sulla pellicola tutta la potenza della realtà.</p><h2>LA FOTOGRAFIA DI LETIZIA BATTAGLIA</h2> <p>A partire dagli anni Settanta, Letizia Battaglia raccontò attraverso l'obiettivo alcuni dei fatti di cronaca più efferati, fotografando i morti per mano della mafia e quindi uno spaccato del nostro Paese dai contorni drammaticamente violenti. Eppure Letizia Battaglia non fu soltanto la fotografa delle stragi di mafia: la sua capacità di scandagliare la realtà che la circondava si riflette anche negli scatti dedicati all'universo femminile e a una quotidianità fatta di dettagli semplici, ritratti con grande poesia e con la proverbiale schiettezza che accompagnava il suo lavoro fotografico.</p><h2>LA CARRIERA DI UNA FOTOGRAFA ECCEZIONALE</h2> <p>Insignita di numerosi riconoscimenti, fra cui l'Eugene Smith e l'Erich Salomon Award, Letizia Battaglia fu protagonista di mostre e omaggi espositivi, come quello a lei dedicato dalla Casa dei Tre Oci di Venezia nel 2019, un'antologica che ne ripercorreva la carriera attraverso 300 scatti, con la curatela di Francesca Alfano Miglietti.</p>  

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La monumentale installazione di Edoardo Tresoldi a Venezia

<p>In occasione della riapertura dopo 500 anni delle Procuratie Vecchie ‒ lo storico edificio veneziano affacciato su Piazza San Marco che torna ad accogliere il pubblico grazie al restauro condotto dallo <a href="https://arte.sky.it/news/venezia-procuratie-vecchie-restauro-david-chipperfield" target="_blank">Studio David Chipperfield Architects Milan</a> –, <a href="https://arte.sky.it/news/edoardo-tresoldi-cedric-le-borgne-sky-museum-borgo-valsugana" target="_blank">Edoardo Tresoldi</a> ha inaugurato la sua ultima fatica: <em>Monumento. </em>L’installazione, posizionata nel vano centrale dell’imponente scalone in pietra che collega i vari livelli del palazzo, rappresenta una maestosa colonna classica realizzata alla maniera visionaria cui l’artista ci ha abituato, smaterializzandola attraverso l’uso di una leggera ma imponente rete metallica.</p> <h2>L’OPERA DI TRESOLDI ALLE PROCURATIE VECCHIE DI VENEZIA</h2> <p>L’opera, progettata in collaborazione con Carlotta Franco per lo sviluppo del concept e con il supporto di GICO Studio, suggerisce una rielaborazione del linguaggio architettonico classico ed è un’occasione per riflettere sulla percezione della fragilità e della vulnerabilità nella società contemporanea. Perfettamente proporzionata all’altezza del vano scala, la colonna vuole sovvertire la tradizionale retorica del monumento. Proprio per le sue ingenti dimensioni e il contesto in cui è inserita, non è infatti mai possibile ammirarla interamente. In questo modo l’artista costringe lo spettatore a un radicale cambio di prospettiva: la sua forma va “conquistata” pezzo dopo pezzo, porzione dopo porzione, salendo un gradino alla volta.</p> <h2>LE PAROLE DI EDOARDO TRESOLDI</h2> <p>“<em>L’architettura monumentale è un canto che tralascia la funzione per ritualizzare un pensiero attraverso un atto plastico</em>”, ha dichiarato <a href="https://arte.sky.it/archivio/2020/10/edoardo-tresoldi-bologna-installazione-cerimonia" target="_blank">Edoardo Tresoldi</a>. “<em>La storia dei popoli è un flusso ereditario di figure retoriche che ciclicamente si ripropongono; ridefiniscono i propri significati e stabiliscono simbolismi che non solo abbiamo imparato a leggere ma che, generazione dopo generazione, abbiamo assorbito come una sorta di linguaggio latente dell’inconscio collettivo. Così, spogliando un monumento del proprio simbolismo, ciò che resta è un canto lirico virtuoso e malinconico, distaccato e solenne, eppure in cerca di contatto perché nasce per esprimersi, per essere prima manufatto e gesto e poi concetto e presenza. Con ‘Monumento’ utilizzo il linguaggio retorico della colonna monumentale come riflessione sul nostro tempo e sulla retorica dei valori a cui ambisce la nostra società; una società che ribadisce la necessità di ridefinire il concetto di forza, di rileggere il ruolo della fragilità e che propone l’ascolto e il dialogo al centro delle relazioni interculturali</em><em>”.</em></p> <p>[Immagine in apertura: Edoardo Tresoldi, <em>Monumento</em>, Procuratie Vecchie, Venezia 2022 © Roberto Conte]</p>

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