Nel cuore di Philadelphia un grande giardino dedicato allo scultore Alexander Calder

Philadelphia si prepara ad accogliere gli attesi <a href="https://arte.sky.it/news/2022/calder-giardino-philadelphia">Calder Gardens</a>, che apriranno ufficialmente il prossimo 21 settembre, al termine di una settimana di eventi inaugurali. Nel nome di <a href="https://arte.sky.it/news/2024/libro-alexander-calder-sculpting-time">Alexander Calder</a> – lo scultore statunitense noto soprattutto per le opere di arte cinetica, conosciute con la denominazione di "mobiles – il nuovo sito sarà dedicato all'arte, alla cultura e alla consapevolezza ambientale. Non un museo, né un parco scultoreo nel senso tradizionale, i Calder Gardens saranno un luogo dove architettura, arte e natura dialogheranno con intensità e armonia. A caratterizzarli saranno l'edificio progettato da <a href="https://arte.sky.it/news/2023/londra-mostra-herzog-de-meuron">Herzog & de Meuron</a> – una struttura di oltre 1600 metri quadrati, rivestita con pannelli metallici, in grado di sfumare i confini fra spazio architettonico e contesto naturale – e il verde concepito dal paesaggista olandese <a href="https://arte.sky.it/archivio/2020/06/piet-oudolf-giardino-vitra-campus">Piet Oudolf</a>. Una risposta misurata e profondamente poetica al bisogno contemporaneo di connessioni più profonde con ciò che ci circonda.
<h2>A PHILADELPHIA IL PARCO MUSEO DEDICATO A CALDER </h2>
Sin dalla prima immagine, i Calder Gardens si presentano come un progetto dove il “vuoto” conta quanto il “pieno”. Un approccio testimoniato dal marchio visivo, ideato dallo studio Karlssonwilker, che gioca con lo spazio negativo tra le parole: un’idea semplice ma eloquente, che riflette bene la tensione e la leggerezza tipiche dell’opera di Calder. Anche il <a href="https://caldergardens.org/">sito web</a> segue la medesima logica, con un’estensione digitale della filosofia del luogo che ne riflette lo spirito di continua evoluzione. Ma è soprattutto l’architettura a incarnare questa visione: <a href="https://arte.sky.it/news/londra-campus-royal-college-of-art-herzog-de-meuron">Herzog & de Meuron</a> hanno disegnato un’architettura che non si impone sul contesto esterno, in cui gli spazi sono pensati per accogliere la trasformazione, la luce, le stagioni. Le opere di Calder – sculture mobili, figure in equilibrio, monumenti alla leggerezza – trovano qui una risonanza naturale. Tutto intorno, spazio al giardino di Oudolf destinato a cambiare volto ogni mese, ogni giorno, in un ciclo vitale che accompagna il visitatore e lo invita a tornare.
<h2>L’OFFERTA CULTURALE DEI CALDER GARDENS DI PHILADELPHIA</h2>
Oltre alla bellezza formale e alla forza evocativa del progetto, i Calder Gardens incarnano anche un nuovo modello istituzionale. Nato dalla collaborazione tra la Calder Foundation, il Comune di Philadelphia, la Pennsylvania e un gruppo di filantropi locali, la nuova destinazione culturale sarà sostenuta operativamente dalla Barnes Foundation. Un esempio concreto di sinergia tra enti pubblici e privati, volto a garantire sostenibilità e accessibilità. Nel complesso, l’ambizione è rendere i Calder Gardens un ecosistema vivo, con programmi che vanno dai concerti alla meditazione, dalle performance alle letture. Un luogo che, nel nome di un artista che ha fatto del movimento la sua firma, punta a introdursi nel contesto urbano di Philadelphia facendo leva sul concetto di mutamento continuo.
[Immagine in apertura: Rendering of Calder Gardens from the Benjamin Franklin Parkway © Herzog & de Meuron. All works by Alexander Calder © 2025 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York]

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Ventuno appuntamenti distribuiti su sei giorni, di cui cinque prime nazionali: dal 31 luglio al 5 agosto, il borgo medievale di <a href="https://arte.sky.it/news/2025/mostra-etruschi-san-gimignano" target="_blank">San Gimignano</a> torna a essere crocevia di arti e pensieri grazie alla 13esima edizione di Orizzonti Verticali – Arti sceniche in cantiere, diretta da Tuccio Guicciardini e Patrizia de Bari. 
Il tema di quest’anno è Non in mio nome: un grido di allarme e speranza lanciato da una realtà che rischia di non avere futuro. Colpita dai tagli del <a href="https://arte.sky.it/news/2025/cultura-borghi-portale-ministero" target="_blank">Ministero della Cultura</a>, la rassegna denuncia apertamente la fragilità del sistema italiano dello spettacolo dal vivo, troppo spesso lasciato senza strumenti per sostenere ricerca e sperimentazione. Così, la scelta della Rocca di Montestaffoli come fulcro simbolico di quest’edizione – “arroccamento strategico”, come lo definiscono i direttori –, diventa un gesto di difesa poetica e politica. E l'immagine del crisantemo incarna alla perfezione il dualismo di questa edizione: un addio possibile, ma anche una rinascita desiderata.
<h2>SAN GIMIGNANO SI ANIMA CON LA DANZA E IL TEATRO</h2>
Il programma si apre con The Gate’s Battle, spettacolo ispirato alla danza urbana, e prosegue con Ciao amore della compagnia EgriBianco Danza, un’indagine in movimento sul sentimento amoroso con videointerviste e riferimenti a Barthes e Pasolini. Dal 1° agosto va in scena Biancaneve, adattamento site-specific della fiaba dei fratelli Grimm ambientato nell’ex rifugio antiaereo, con la voce intensa di Carla Tatò e inserti in tedesco che richiamano l’origine nordica del testo. Il festival accoglie anche Sonichops, performance interattiva tra danza e suoni registrati dalla fermentazione della birra, e Come amore, canta, ballata teatrale del Teatro Koreja che fonde poesia, mito e canto per riflettere sull’identità femminile.
 Il 2 agosto la Rocca ospita il delicato Cappuccetto Rosso nel bosco, pensato per le famiglie, e La guerra svelata di Cassandra con Gaia Aprea, che trasforma il mito della profetessa troiana in uno specchio della contemporaneità. Il 3 agosto la coreografa senese Irene Stracciati presenta Lete_dell’oblio e altre vanità, creazione inclusiva che porta in scena danzatori professionisti e giovani con fragilità psichiche. Il giorno successivo, spazio alla riflessione sul genio di Carmelo Bene con Il mondo come arabesco di Clemente Tafuri, seguito dalla proiezione del documentario La parte maledetta. 
<h2>LA SERATA FINALE ALL’INSEGNA DELLA MUSICA (E DELLA RESISTENZA)</h2>
Il 5 agosto è il momento del gran finale, con l’azione collettiva Non in mio nome, ideata dai direttori artistici come gesto di resistenza civile contro ogni forma di violenza, guerra e silenziosa cancellazione della cultura. Al centro di Piazza Duomo sarà tracciato un enorme crisantemo bianco, simbolo di quest’edizione, realizzato con fiori donati dal pubblico. Il disegno, una volta completato, sarà smembrato: ciascuno ne raccoglierà un frammento per portarlo in una processione laica verso Piazza Sant’Agostino, luogo simbolico dell’epilogo. La sera, nella suggestiva Chiesa di Sant’Agostino, il festival si chiuderà con un concerto sinfonico in prima nazionale: protagonista l’Orchestra della Fondazione Luciano Pavarotti, composta da giovani musicisti toscani ed emiliano-romagnoli, diretta da Luciano Acocella. In programma Nobilissima visione di Paul Hindemith e la Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98 di Johannes Brahms.
[Immagine in apertura: Lete. Ph Giacomo Lorenzetti]

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