Non solo Biennale Architettura: 6 mostre da vedere ora a Venezia

<p>In una Venezia attraversata dal respiro internazionale della <a href="https://arte.sky.it/news/2025/biennale-architettura-2025-carlo-ratti" target="_blank">Biennale Architettura 2025</a>, dove <a href="https://arte.sky.it/news/2025/padiglioni-biennale-architettura-2025" target="_blank">padiglioni</a> e installazioni diffuse si contendono lo sguardo lungo i percorsi ufficiali, esiste un’altra città che merita di essere scoperta. Una destinazione che, tra isole, cortili e palazzi storici, svela ulteriori percorsi espositivi di sorprendente forza visiva. Dal rigore classico di Mapplethorpe alla frammentazione poetica di Galimberti, passando per le visioni pittoriche di Luc Tuymans, le architetture concettuali di AMO/OMA, le installazioni cosmiche di Kengo Kito e il nuovo "paesaggio digitale" saudita raccontato alla Querini Stampalia: sei mostre, sei tappe imperdibili, ognuna con una voce distinta, che insieme compongono una sinfonia visiva in grado di dialogare con la città e con il nostro tempo.</p>
<h2><b>MAPPLETHORPE E GALIMBERTI ALLE STANZE DELLA FOTOGRAFIA</b></h2>
<p>Alle <a href="https://arte.sky.it/news/2025/mapplethorpe-galimberti-mostra-stanze-fotografia-venezia" target="_blank">Stanze della Fotografia</a>, nell’Isola di San Giorgio, due mostre affiancate raccontano l’inesauribile vitalità della fotografia contemporanea, pur partendo da linguaggi radicalmente differenti. La grande retrospettiva <i><a href="https://arte.sky.it/mostre-eventi/fotografia/robert-mapplethorpe-stanze-della-fotografia-venezia" target="_blank">Robert Mapplethorpe. Le forme del classico</a></i>, in corso fino a gennaio 2026, svela tutta la forza scultorea e poetica dell’opera del fotografo newyorkese, con oltre 200 scatti che spaziano dal nudo classico alla natura morta, dalla ritrattistica iconica ai primi esperimenti collage. È un percorso rigoroso ma sensuale, in cui la fotografia diventa specchio dell’ideale estetico classico trasposto nel linguaggio contemporaneo. Al piano superiore, <i>Maurizio Galimberti. Polaroid/Ready Made e le Lezioni Americane di Italo Calvino</i> delinea invece una visione completamente diversa: frantumata, dinamica, quasi cubista. Le sue polaroid manipolate, che ritraggono volti celebri e scorci urbani in una scomposizione geometrica e concettuale, sembrano mettere in scena le <i>Lezioni</i> di Calvino una per una, traducendole in immagine. Due modi opposti di guardare il mondo – uno iconico, l’altro analitico – che convivono nello stesso spazio e nello stesso tempo, facendo delle Stanze della Fotografia una tappa cruciale per chi voglia davvero comprendere l’estensione e la profondità del medium fotografico oggi.</p>
<h2><b>TATIANA TROUVÉ A PALAZZO GRASSI</b></h2>
<p>A <a href="https://arte.sky.it/news/2023/mostra-palazzo-grassi-venezia-novecento" target="_blank">Palazzo Grassi</a>, la mostra <i><a href="https://arte.sky.it/news/2025/tatiana-trouve-thomas-schutte-venezia-pinault-collection" target="_blank">Tatiana Trouvé. La strana vita delle cose</a></i> costruisce un universo sospeso che si dispiega come un labirinto mentale e sensoriale, dove il tempo sembra perdere le sue coordinate e gli oggetti si caricano di una vita propria. In questa sua prima grande retrospettiva personale in Italia, realizzata in collaborazione con la Pinault Collection e curata da Caroline Bourgeois e James Lingwood, Trouvé mette in scena una narrazione fatta di materia e memoria, di sogni e geografie interiori. Fin dall’atrio, una monumentale scultura site-specific accoglie i visitatori come un portale verso un altrove, un mondo in cui le regole della realtà sono flessibili, in continuo mutamento. Le sale del palazzo si trasformano in ambienti metafisici, popolati da oltre settanta opere tra disegni, sculture, installazioni: valigie e coperte, chiavi e registratori, frammenti di oggetti quotidiani rinascono sotto nuove forme, sospese tra il relitto e la reliquia. Non mancano echi dei traumi recenti, come le rivolte vicino al suo studio in Francia o l’isolamento della pandemia, che Trouvé rielabora disegnando su pagine di quotidiani internazionali.</p>
<h2><b>LUC TUYMANS NELLA BASILICA DI SAN GIORGIO MAGGIORE</b></h2>
<p>Un altro spazio sacro della città accoglie una delle operazioni più intense di questa stagione. Nell’abside della <a href="https://arte.sky.it/news/2021/digitalizzazione-3d-isola-san-giorgio-venezia" target="_blank">Basilica di San Giorgio Maggiore</a>, affacciata sulla laguna come un tempio sospeso nel tempo, <a href="https://arte.sky.it/news/2024/mostra-luc-tuymans-ucca-pechino" target="_blank">Luc Tuymans</a> firma due dipinti monumentali concepiti per occupare temporaneamente il posto dei celebri teleri di <a href="https://arte.sky.it/news/2024/tintoretto-programmi-tv-13-giugno" target="_blank">Tintoretto</a>, attualmente in restauro. Il confronto non è semplice, né scontato. Tuymans, tra i più importanti pittori viventi, sceglie la via dell’anti-retorica: due immagini nate da ricordi sfuocati, da frammenti della quotidianità, si stagliano nel presbiterio con colori smorzati, prospettive incerte, atmosfere enigmatiche. È un’opera che non urla ma ipnotizza, che si inserisce con rispetto e intelligenza nello spazio liturgico, tracciando un ponte tra spiritualità e contemporaneità. In un tempo dominato dall’eccesso visivo, Tuymans sceglie la sottrazione, la sospensione, il dettaglio. E ci ricorda che l’arte sacra può ancora parlare al presente, se ha il coraggio di farlo con voce sommessa.</p>
<h2><b>I DIAGRAMMI DI REM KOOLHAAS E OMA DA FONDAZIONE PRADA</b></h2>
<p>A Ca’ Corner della Regina, sontuosa sede veneziana della <a href="https://arte.sky.it/news/2023/mostra-wes-anderson-fondazione-prada-milano" target="_blank">Fondazione Prada</a>, prende vita un progetto espositivo dal respiro concettuale e radicalmente attuale:<i> Diagrams,</i> ideato dallo studio AMO/OMA fondato da <a href="https://arte.sky.it/news/2022/rem-koolhaas-taipei-performing-arts-center-taiwan" target="_blank">Rem Koolhaas</a>. Attraverso oltre 300 oggetti – tra documenti, mappe, pubblicazioni, immagini digitali e video dal XII secolo a oggi –, l’esposizione esplora come i diagrammi non solo registrano la realtà, ma la interpretano e spesso la modellano. L’allestimento, che si snoda tra piano terra e primo piano del palazzo, procede per temi – dalle disuguaglianze alla guerra, dalla salute all’ambiente – restituendo la straordinaria versatilità di questa forma visiva, capace di attraversare epoche, culture e media. È una mostra che ci chiede di riconsiderare il modo in cui leggiamo e costruiamo il mondo, mostrando il diagramma non come semplice strumento tecnico, ma come dispositivo culturale e politico. Come sottolinea l'architetto Koolhaas, il diagramma è universale, preesiste al linguaggio e funziona al tempo stesso come mappa, specchio e lente.</p>
<h2><b>L’ARTE DIGITALE E L’ARABIA SAUDITA IN MOSTRA ALLA FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA</b></h2>
<p>Alla <a href="https://arte.sky.it/news/2021/mostra-panorama-venezia-giovanni-biasin-fondazione-querini-stampalia" target="_blank">Fondazione Querini Stampalia</a>, appena riaperta dopo un importante intervento di rinnovamento, va in scena la mostra <a href="https://arte.sky.it/news/2024/arabia-saudita-centro-arte-digitale-bando-residenza" target="_blank"><i>Diriyah Art Futures</i></a>, progetto espositivo che racconta la nascita del primo centro d’arte digitale in Arabia Saudita. Disegnato dallo studio italiano Schiattarella Associati e recentemente <a href="https://arte.sky.it/news/2025/lista-musei-pi%C3%B9-belli-del-mondo-2025" target="_blank">inserito nella lista dei più bei musei dell'anno in corso</a>, l’edificio – sorto alle porte di Riad – si tramuta in narrazione tridimensionale attraverso plastici, video, schizzi e, soprattutto, le fotografie profonde e vibranti di Paolo Pellegrin. L’impressione è quella di entrare in un laboratorio della visione, dove la luce del deserto plasma la materia e l’architettura si fa eco del paesaggio. Tutto qui è essenziale: le forme, i colori, i gesti. Ma non c’è nulla di minimalista: al contrario, il progetto è un esercizio di ascolto profondo del luogo e della sua storia. Un esempio raro di come l’architettura contemporanea possa farsi custode di memoria e strumento di futuro, mescolando alta tecnologia e umanità, rigore geometrico e poesia della luce.</p>
<h2><b>L’INSTALLAZIONE SITE-SPECIFIC DI KENGO KITO AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI VENEZIA</b></h2>
<p>Infine, nel Cortile dell’Agrippa, all’interno del <a href="https://arte.sky.it/news/2025/museo-archeologico-nazionale-venezia-cortile-agrippa" target="_blank">Museo Archeologico Nazionale,</a> prende vita l’intervento site-specific di Kengo Kito, artista giapponese noto per la sua capacità di trasformare lo spazio attraverso materiali ready-made. L’installazione<i> LINES</i>, curata da Masahiko Haito, è un’opera-paesaggio che si sviluppa come un disegno nello spazio, tracciando connessioni tra l’architettura rinascimentale e l’immaginario contemporaneo. I suoi cerchi di colore sospesi, quasi fluttuanti, attraversano lo spazio come respiri visivi, in una coreografia silenziosa che richiama tanto la tensione verticale del Rinascimento quanto la sinuosità ornamentale dell’arte giapponese. Il progetto coincide con la riapertura dello storico ingresso del museo su piazza San Marco, e con un’importante operazione di manutenzione del cortile stesso. È, insomma, un’arte che non si limita a esistere nello spazio, ma lo rigenera, lo cura, lo abita con consapevolezza. Kito non costruisce semplicemente un’installazione: traccia una linea nel tempo, dove il passato e il presente si intrecciano, e dove l’arte torna a essere una forma di ospitalità. Il tutto a due passi da piazza San Marco.</p>
<p>[Immagine in apertura: Kengo Kito, <i>LINES</i>, Metallo colorato, plexiglass, legno, 2025, A cura di Masahiko Haito, Organizzato da anonymous art project,  photo credit: Jean Porcel, courtesy: Veronesi Namioka]</p>


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La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia celebra una delle pioniere dell'arte astratta

Natura e artificio nelle opere di Giulia Cenci

La nuova app che porta alla scoperta dei castelli siciliani

<p>La Sicilia apre le porte del suo passato a un futuro digitale, con un progetto innovativo che mette in rete i suoi castelli, vere e proprie sentinelle della storia isolana. Si chiama <i>Castelli di Sicilia</i>, ed è un'app che offre a chi visita la regione un'esperienza di viaggio immersiva, pensata per guidare residenti e turisti tra fortezze, borghi medievali e meraviglie artistiche spesso nascoste. Da Castelbuono a Carini, da Piazza Armerina a Salemi, passando per Giuliana, Butera e Collesano, l’iniziativa crea un circuito capillare <a href="https://arte.sky.it/foto/letteratura/libro-dimore-storiche-siciliane" target="_blank">tra i Comuni siciliani e i loro manieri</a>, alcuni noti al grande pubblico, altri ancora da scoprire. </p>
<h2>LA NUOVA APP CHE TI PORTA TRA I BORGHI E LE STORIE DELLA SICILIA</h2>
<p>Il funzionamento è semplice ma strategico: sviluppata dal software developer Flavio Dev, <i>Castelli di Sicilia</i> è disponibile su tutti gli store digitali, e consentirà all’utente di esplorare virtualmente la rete dei castelli filtrando i risultati per località, epoca, servizi o tipo di attrazione. Una volta scaricata l’app, ogni utente avrà accesso a un itinerario completo di tappe da visitare, costruendo percorsi personalizzati in base ai propri interessi. Che si vogliano seguire le tracce dei Normanni o scoprire le torri difensive sveve, l’app diventa una "bussola" tra storia, arte e natura. E non solo: tra le informazioni disponibili ci sono anche eventi culturali, attività per famiglie, suggerimenti gastronomici e offerte turistiche locali. </p>
<h2>UNA POSSIBILE SOLUZIONE CONTRO IL TURISMO DI MASSA</h2>
<p>Il sistema museale siciliano non può che accogliere l’iniziativa con entusiasmo: Laura Barreca, direttrice del Museo Civico di Castelbuono, sottolinea come questa app sia “<i>la dimostrazione che la messa in rete dei siti e dei beni culturali costituisce un format decisivo per il rilancio della cultura e del turismo siciliano, sia a livello nazionale che internazionale, offrendo la possibilità di scoprire eccezionali patrimoni e territori ancora poco conosciuti, in modo sostenibile e consapevole</i>".</p>
<p>Così, i castelli siciliani si trasformano in protagonisti attivi di una narrazione collettiva che attraversa secoli, comunità e territori. E se da un lato l’app rappresenta un tassello tecnologico, dall’altro è anche uno strumento di sostenibilità: riduce l’impatto del turismo di massa, valorizzando luoghi meno conosciuti ma altrettanto suggestivi. </p>
<p>[Immagine in apertura: Castello di Salemi]</p>


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