Il grande catalogo sui castelli più antichi d'Europa

<p>Non è la prima volta che il fotografo Frédéric Chaubin cede alle “sirene” dell'architettura razionalista. Già autore del possente volume <i>CCCP: Cosmic Communist Constructions Photographed</i> (interamente dedicato agli edifici più iconici del brutalismo sovietico), l'artista cambogiano è tornato sul tema, spostando tuttavia le lancette indietro di qualche secolo. Il risultato di questo viaggio nel tempo è racchiuso in <i>Stone Age. Ancient Castles of Europe</i>, il poderoso volume edito da <a href="https://www.taschen.com/it/books/architecture-design/40403/frederic-chaubin-stone-age-45th-ed/" target="_blank">Taschen</a> in omaggio alle fortificazioni più iconiche e gloriose della storia.</p>
<h2>A SPASSO TRA I PIÙ ICONICI CASTELLI EUROPEI</h2>
<p>Recentemente ristampato dalla casa editrice in una nuova edizione, il libro (nell'immagine in apertura, courtesy Taschen) raccoglie le fotografie di circa duecento castelli disseminati sul territorio del nostro continente. Ognuno dei monumenti è qui indagato dall’autore per la sua forma e la sua razionalità; una serie di accenni storici accompagnano inoltre le immagini, conducendo il lettore in un vero e proprio tour fra le possenti roccaforti della storia medievale.</p>
<h2>STORIA E ARCHITETTURA NEGLI SCATTI DI FRÉDÉRIC CHAUBIN</h2>
<p>All’interno delle quasi cinquecento pagine che compongono il volume, sono esplorate le strutture europee edificate nell'arco di quattro secoli di storia (dal XII al XV secolo), con un focus speciale sul periodo feudale, durante il quale il castello rappresentava la struttura abitativa più ambita e simbolica dell’alta aristocrazia europea. Tra le architetture antiche immortalate da Frédéric Chaubin nel corso dei cinque anni di viaggi e di ricerche, anche il “nostro” castello di Torrechiara, costruito in provincia di Parma tra il 1448 e il 1460.</p>


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A spasso tra i giardini più leggendari e misteriosi del mondo

I gatti magici del Giappone nelle stampe dei maestri ukiyo-e

La vita e le opere del poeta Dario Bellezza

La “Crocifissione” del Beato Angelico ritrova lo splendore di un tempo

<p>Torna finalmente visibile l’affresco della <i>Crocifissione</i>, opera giovanile del <a href="https://arte.sky.it/news/2025/deposizione-santa-trinita-beato-angelico-restauro-firenze" target="_blank">Beato Angelico</a> custodito nella Sala del Capitolo del Convento di San Domenico a <a href="https://arte.sky.it/archivio/2019/11/giovanni-michelucci-mostra-fotografia-architettura-fiesole" target="_blank">Fiesole</a>, in provincia di Firenze. Grazie al restauro manutentivo promosso dalla Fondazione <a href="https://arte.sky.it/archivio/2016/06/a-firenze-nuova-vita-per-un-capolavoro-di-filippo-lippi" target="_blank">Friends of Florence</a>, questo lavoro di straordinaria rilevanza artistica e religiosa riacquista il suo splendore originario, a lungo compromesso da numerosi interventi distruttivi che ne avevano intaccato la superficie pittorica.</p>
<p>Del complesso recupero si sono occupate le restauratrici Cristiana Conti e Alessandra Popple sotto l'Alta Sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato. L'intervento manutentivo ha interessato in particolar modo la figura centrale del Cristo, che aveva perso la maggior parte delle sue connotazioni cromatiche. Grazie a questo ambizioso progetto di restauro, il pubblico può finalmente scoprire in tutta la sua bellezza un’opera intensa di uno dei massimi esponenti del <a href="https://arte.sky.it/archivio/2019/06/lincanto-del-rinascimento-fiorentino-al-museo-del-prado" target="_blank">Rinascimento italiano</a>.</p>
<h2>RESTAURATO IL CAPOLAVORO GIOVANILE DEL BEATO ANGELICO</h2>
<p>Il monumentale affresco, realizzato nella prima metà del XV secolo, è dominato dalla figura di Gesù crocifisso, rappresentato con quei tratti essenziali che caratterizzano l’arte del pittore toscano. Sulla croce che si staglia contro uno sfondo monocromatico blu scuro, Cristo è raffigurato in una posizione insolita per i canoni del Beato Angelico, con la testa reclinata centralmente verso il basso, in modo quasi prospettico. Il grande affresco è indubbiamente un’opera giovanile del pittore rinascimentale, che nel convento fiesolano entrò a far parte della confraternita di San Domenico. Proprio la sua collocazione all’interno di un ambiente ad accesso limitato come la sala capitolare ha fatto sì che il dipinto sia ancora uno dei lavori meno conosciuti del maestro toscano.</p>
<p>A rendere ancora più affascinante e misteriosa questa <i>Crocifissione </i>è poi la sua storia travagliata. Benché fosse stato realizzato da uno dei primi maestri dell’arte rinascimentale, l'affresco venne infatti coperto da un’imbiancatura intorno alla metà del XVI secolo, per essere riscoperto solo nel 1880. Da allora, l’opera è stata sottoposta a ben tre procedure di restauro, con l’obiettivo di ripristinare le tracce originarie, nonché i colori resi sbiaditi dalla mancata manutenzione della delicata superficie pittorica.</p>
<h2>IL CONVENTO DI SAN DOMENICO A FIESOLE RISCOPRE LA “SUA” CROCIFISSIONE</h2>
<p>Prima dell’intervento di restauro concluso nei giorni scorsi, lo stato di conservazione dell’affresco risultava decisamente compromesso, anche a causa dell’applicazione di uno strato di calce e della sua successiva rimozione. Tale processo, condotto probabilmente con poca cura, aveva provocato la perdita di notevoli dettagli della figura del Cristo. L’opera era inoltre coperta da un denso strato di polvere sedimentata, presentando anche macchie di umidità e parti di intonaco mancanti.</p>
<p>Le analisi preliminari e l’intervento delle restauratrici hanno portato alla pulizia e al consolidamento della base di intonaco e dello strato di pittura sovrastante. Queste operazioni hanno consentito di ritoccare l’affresco laddove necessario, favorendo il pieno recupero della gamma cromatica originaria. Gli studi condotti hanno anche contribuito a fare luce sulle tecniche pittoriche impiegate dal Beato Angelico, permettendo di stabilire la durata del lavoro dell’artista toscano (nove giornate), le modalità di stesura del colore, nonché l’applicazione di un disegno preparatorio a sanguigna e a spolvero.</p>
<p>[Immagine in apertura: <i>Crocifissione</i>, Beato Angelico, Sala Capitolare, Convento di S. Domenico, Fiesole. Fotografia di Ottaviano Caruso] </p>


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