A Genova un weekend di visite per scoprire l’architettura del XX secolo

<p>Un weekend di visite guidate, esplorazioni urbane e incontri aperti a tutti, dedicati agli edifici che hanno ridisegnato la Genova del Novecento: il 15 e 16 novembre, il capoluogo ligure torna a interrogarsi sul proprio volto moderno con la V edizione di <i>Maledetti Architetti</i>. Il titolo, volutamente provocatorio, richiama il pamphlet di Tom Wolfe e invita a riflettere sul rapporto contraddittorio dei genovesi con l’architettura moderna: affetto e diffidenza, memoria e contestazione, critica e stupore si intrecciano come le curve della Sopraelevata Aldo Moro, che quest’anno diventa filo conduttore del programma. Undici luoghi, firmati da progettisti celebri o poco noti, saranno raccontati da architetti, studiosi e ricercatori, pronti a svelare dettagli e storie che spesso sfuggono a uno sguardo frettoloso. Accanto alle visite, una serie di <a href="https://www.eventbrite.com/cc/maledetti-architetti-2025-4775973" target="_blank">appuntamenti collaterali</a> allargherà la prospettiva sul modo in cui la città ha saputo reinventarsi, tra ricostruzioni, trasformazioni e visioni di futuro.</p>
<h2>IL WEEKEND PER RISCOPRIRE L’ARCHITETTURA A GENOVA</h2>
<p>Il percorso di <i>Maledetti Architetti </i>si snoda attraverso opere simboliche del secolo scorso, osservandole da una nuova angolazione: quella del movimento, del viaggio, del passaggio. La citata Sopraelevata, amata e contestata, diventa un osservatorio urbano in movimento continuo. A partire dal Palazzo Lancia di Angelini e Narizzano, nato nel quartiere in trasformazione di San Benigno, fino alla chiesa di Santa Maria della Vittoria di Fera e Grossi Bianchi, l’itinerario rivela il coraggio sperimentale di un’epoca segnata dal dopoguerra e dal desiderio di ripensare il vivere collettivo. Il Dipartimento di Architettura e Design progettato da Gardella e Grossi Bianchi dialoga con il Dipartimento di Economia di Rizzo, mostrando come l’innovazione possa inserirsi nei tessuti storici senza cancellarli. Infine Palazzo Flotta Lauro, Piazzetta Jacopo da Varagine, Piazza De Ferrari e il Palazzo SIAT raccontano la tensione della città verso una nuova centralità direzionale e produttiva, capace di ridefinire l’immagine pubblica di Genova.</p>
<h2>LE ATTIVITÀ E GLI ANNIVERSARI DELLA V EDIZIONE DI “MALEDETTI ARCHITETTI”</h2>
<p>L’edizione 2025 di <i>Maledetti Architetti </i>si incrocia con una serie di anniversari che rendono il programma particolarmente significativo: i sessant’anni della Sopraelevata Aldo Moro e della centrale solare di Sant’Ilario, i novant’anni della Camionale, il centenario del palazzo della Navigazione Generale Italiana, fino al ricordo di figure cardine come Ignazio Gardella, Claudio Andreani ed Enzo Bifoli. A completare il quadro, incontri, mostre e aperture straordinarie: dai modelli lignei del Teatro Carlo Felice, ritrovati al Dipartimento di Architettura, alle visite alla prima centrale termoelettrica a energia solare, fino al tour <i>Genova su ferro </i>che invita a leggere la città lungo la trama della sua rete ferroviaria. In chiusura, nel weekend successivo del 22 e 23 novembre, un itinerario tra le scogliere di Nervi e Bogliasco porterà alla scoperta di Domus Mare, una casa-studio sospesa tra arte e paesaggio. </p>
<p>[Immagine in apertura: Piazza De Ferrari, crediti Jacopo Baccani]</p>


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Un nuovo saggio esplora il legame tra Paul Klee e Ludwig Mies van der Rohe

<p>È il 1923 quando <a href="https://arte.sky.it/news/2023/libro-paul-klee" target="_blank">Paul Klee</a> e <a href="https://arte.sky.it/news/2025/padiglione-mies-van-der-rohe-barcellona-installazione-xevi-bayona" target="_blank">Ludwig Mies van der Rohe</a> si incontrano per la prima volta a Weimar. Klee, già artista affermato, assume alla Bauhaus un ruolo centrale nella definizione dei nuovi principi visivi e didattici. Mies, dopo le esperienze nello studio di Peter Behrens e il confronto con le avanguardie berlinesi, orienta invece la sua ricerca verso un’architettura essenziale e rigorosa, capace di dialogare con il proprio tempo. Il loro rapporto va oltre la semplice stima reciproca, trasformandosi in una risonanza profonda che attraversa opere, scritti e riflessioni critiche, contribuendo alla costruzione di un nuovo sguardo sulla modernità. È proprio questo legame il fulcro del volume <i>Mies e Klee. L’arte moderna di costruire tra le cose e l’attesa dell’apparizione</i>, pubblicato da LetteraVentidue Edizioni.</p>
<h2>L’INFLUENZA TRA PAUL KLEE E MIES VAN DER ROHE SPIEGATA IN UN LIBRO</h2>
<p>Scritto da Dario Costi, il libro fa luce su come Mies abbia spesso evocato Klee nei suoi collage e nelle sue riflessioni, non come semplice interesse da collezionista ma come riferimento vivo capace di orientare il progetto. L’architettura di Mies viene letta come composizione poetica, in cui gli elementi costruttivi diventano forme dotate di valore concettuale: la parete non è più solo limite dello spazio, ma luogo di apparizione dell’immagine. Tale visione richiama l’interpretazione di Walter Benjamin, che vede in Klee e Mies due interpreti lucidi del loro tempo, capaci di cogliere le tensioni della storia. Nella pubblicazione emerge anche la risonanza con la parola poetica di Rainer Maria Rilke, che permette di leggere le opere come processi lenti di formazione, dove ciò che diventa visibile è solo l’ultimo stadio di una trasformazione interiore. </p>
<h2>L’ARTE DI PAUL KLEE SI SPECCHIA NELLE ARCHITETTURE DI MIES VAN DER ROHE</h2>
<p>Un contributo rilevante nel libro è la presentazione, per la prima volta in ordine di acquisizione, dei ventisei dipinti di Klee posseduti da Mies, documentati grazie ai materiali inediti del Klee Zentrum. Tale sequenza permette di cogliere il progressivo affinarsi dello sguardo dell’architetto, che trova nell’arte di Klee un compagno di ricerca e un banco di prova per la propria idea di forma. Il testo non si limita però a ricostruire una storia di influenze, ma propone una lettura dell’opera di Mies che supera le interpretazioni critiche consolidate, suggerendo un’integrazione di significati tra spazio costruito e dimensione poetica. I contributi di Giovanni Leoni e Renato Capozzi ampliano la riflessione, aprendo uno scenario che guarda anche al presente. La domanda che emerge è se questo dialogo possa indicare nuove direzioni per l’architettura di oggi, invitando a ripensare il rapporto tra visibile e invisibile, tra costruire e comprendere. </p>
<p>[Immagine in apertura: <i>Mies e Klee. L’arte moderna di costruire tra le cose e l’attesa dell’apparizione</i>. Courtesy Letteraventidue Edizioni (via Artribune)]</p>


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