La fotografia di Henri Cartier-Bresson protagonista a Torino 

Il 2025 si preannuncia <a href="https://arte.sky.it/news/2025/mostre-fotografia-italia-2025" target="_blank">un anno straordinario per gli amanti della fotografia</a>, con mostre ed eventi che, in tutta Italia, celebrano il sorprendente potere evocativo delle immagini. Tra i protagonisti della prossima stagione troviamo maestri senza tempo come <a href="https://arte.sky.it/news/2024/robert-mapplethorpe-mostra-venezia-2025" target="_blank">Robert Mapplethorpe</a> e Mario Giacomelli, accanto a visioni più sperimentali, come i mosaici visivi di Maurizio Galimberti. In questo fermento, anche <a href="https://arte.sky.it/news/2024/mostra-fotografia-mimmo-jodice-camera-torino" target="_blank">CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino</a> annuncia il nuovo programma espositivo con due mostre visitabili dal prossimo 14 febbraio: una dedicata a <a href="https://arte.sky.it/news/2024/mostra-henri-cartier-bresson-amburgo" target="_blank">Henri Cartier-Bresson</a> (fino 2 giugno 2025) e l’altra agli scatti di Riccardo Moncalvo (fino al 6 aprile 2025).
HENRI CARTIER-BRESSON PROTAGONISTA A TORINO
Curata da Clément Chéroux e Walter Guadagnini, e realizzata in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi, Henri Cartier-Bresson e l’Italia è un viaggio attraverso i luoghi, le persone e i momenti che hanno segnato il legame del fotografo francese con il nostro Paese.
La relazione tra Cartier-Bresson e l’Italia nasce nel 1932, quando il giovane fotografo visita lo Stivale per la prima volta. Quell'avventura segna un momento cruciale nella sua carriera: l’artista scopre nuove modalità di raccontare la realtà attraverso l’obiettivo. L’esperienza italiana diventa così un laboratorio creativo, in cui Cartier-Bresson esplora temi come la tensione tra realtà e finzione, e la dinamica tra uomo e ambiente. 
Tornato in Italia nel dopoguerra come fotoreporter, documenta il Sud del Paese con immagini che catturano le difficoltà sociali ma anche la bellezza delle tradizioni locali. Attraverso il suo obiettivo, città come Roma, Napoli e Venezia si trasformano in teatri viventi, popolati da volti intensi e scene di vita quotidiana. 
IL RAPPORTO TRA HENRI CARTIER-BRESSON E L’ITALIA
Negli anni Settanta, Cartier-Bresson amplia la sua indagine del Bel Paese, concentrandosi sulle trasformazioni sociali e industriali. Tra i suoi scatti più emblematici di questo periodo vi sono quelli dedicati agli stabilimenti Olivetti di Pozzuoli e Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco, simboli di un’Italia in evoluzione. Qui, il fotografo coglie il complesso rapporto tra uomo e macchina, rivelando una narrazione che evidenzia il breve confine tra progresso e alienazione. 
La mostra torinese non si limita a celebrare il maestro della fotografia, ma invita i visitatori a riflettere sul potenziale evocativo delle immagini e sul loro ruolo nel raccontare la storia e l’identità di un Paese. Attraverso le testimonianze editoriali di giornali e riviste, inoltre, il percorso espositivo arricchisce il racconto con il fitto dialogo tra parola e immagine: Torino diventa così il cuore pulsante di un itinerario che celebra il genio di Cartier-Bresson e il suo straordinario rapporto con l’Italia, confermando il potere del celeberrimo fotografo francese di trasformare l’ordinario in arte.
[Immagine in apertura: Henri Cartier-Bresson, Siena, 1953 © Fondation Henri Cartier-Bresson Magnum Photos]

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Chi era Primo Levi? In una mostra le lettere private dello scrittore

È il 1961 quando, mentre viene alzato il muro di Berlino, il più celebre libro di <a href="https://arte.sky.it/news/2023/fumetto-primo-levi" target="_blank">Primo Levi</a> viene tradotto in tedesco. L’impatto che Se questo è un uomo ebbe sulla popolazione teutonica fu tale che improvvisamente lo scrittore iniziò a ricevere un gran numero di lettere da diversi interlocutori. Gli scrivevano lettori e lettrici dalla Germania, ma anche ex compagni di prigionia, e persino qualcuno che ad Auschwitz stava “dall’altra parte”. A questi lunghi carteggi è dedicata la mostra Giro di posta, allestita a <a href="https://arte.sky.it/news/2023/mostra-arte-bizantina-torino" target="_blank">Palazzo Madama – Museo Civico di Arte Antica</a> a Torino dal 24 gennaio al 5 maggio. 
LE LETTERE DI PRIMO LEVI IN MOSTRA A TORINO
Curata da Domenico Scarpa e promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi, la mostra – concepita per gli 80 anni dalla liberazione di Auschwitz, che ricorrono il 27 gennaio – riunisce una selezione di documenti in gran parte inediti. Dalla corrispondenza di Levi con i suoi lettori emergono le voci di un’Europa frammentata, sintomo delle divisioni che attraversavano il continente dopo la guerra. 
L’allestimento, curato da Gianfranco Cavaglià e Anna Rita Bertorello, include un percorso accessibile a tutti con mappe tattili e QR code che permettono anche ai visitatori con disabilità visiva di fruire dei contenuti. Infine, l’inaugurazione è arricchita da un annullo filatelico speciale, realizzato in collaborazione con Poste Italiane: un simbolico “giro di posta” che omaggia il valore delle lettere come strumento di connessione.
LE CINQUE SEZIONI DELLA MOSTRA
Articolato in cinque sezioni, il percorso espositivo si apre con un'introduzione che racconta il percorso di Levi dagli anni universitari fino alla pubblicazione di Se questo è un uomo nel 1947, a soli 28 anni. Il secondo capitolo esplora l’amicizia con Hermann Langbein, testimone e studioso di Auschwitz, promotore dei processi contro i criminali nazisti. Si prosegue con la corrispondenza con Heinz Riedt, il traduttore di Se questo è un uomo, che (pur essendo tedesco) si era schierato con i partigiani italiani contro il nazismo. Dando il titolo alla rassegna, la sezione Giro di posta ripercorre invece le intricate reti epistolari nate negli anni Sessanta, inclusi gli scambi con ex detenuti e figure del sistema nazista, come Ferdinand Meyer, che diventerà il “dottor Müller” in Il sistema periodico. Il percorso si chiude infine con un capitolo dedicato a chi scrisse a Levi dopo la traduzione tedesca del suo libro, con lettere piene di emozione e riflessioni profonde, che raccontano di colpa, vergogna e speranza.
[Immagine in apertura: Primo Levi. Fotografia di Mauro Raffini]

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