Nel Parco Archeologico di Herakleia arriva l'arte contemporanea

Nel materano, l’eredità della Magna Grecia affiora tra la terra e il mare. Proprio qui ha preso forma l'intervento artistico contemporaneo che da qualche giorno anima il Parco Archeologico di Herakleia, a Policoro. Intitolato Siris, è pensato come un progetto corale che intreccia passato e contemporaneo sotto la cura di STUDIO STUDIO STUDIO, il laboratorio interdisciplinare fondato da <a href="https://arte.sky.it/news/2025/edoardo-tresoldi-bari-san-pietro" target="_blank">Edoardo Tresoldi</a>, e la direzione artistica di Antonio Oriente. 
Dove il Tempio Arcaico e il Santuario di Demetra sopravvivono come presenze timide, quasi trattenute dal tempo, l’arte diventa oggi un dispositivo di rivelazione: “La vista delle rovine ci fa intuire un tempo puro”, scrive Marc Augé, e Siris sembra raccogliere esattamente quell’intuizione. Tre opere site-specific – Rovina Inversa del duo <a href="https://arte.sky.it/archivio/2020/08/scultura-gigante-belgio-gijs-van-vaerenbergh" target="_blank">Gijs Van Vaerenbergh</a>, Chora di Selva Aparicio e Arbosonica di Max Magaldi, con i contributi poetici e musicali di Claudia Fabris e Daniela Pes – compongono una sinfonia di linguaggi che restituisce al luogo la sua sacralità diffusa. Ad accompagnarle è un documentario firmato da <a href="https://arte.sky.it/news/2025/mistero-capolavori-perduti-programmi-tv-8-settembre" target="_blank">Giovanni Troilo</a>, autore di rilievo internazionale.
<h2>L’ARTE CONTEMPORANEA AL PARCO ARCHEOLOGICO DI HERAKLEIA</h2>
Il progetto, avviato nel 2024 e completato nella primavera 2025, si inserisce all’interno del programma di valorizzazione delle aree sacre di Herakleia, sostenuto dal Ministero della Cultura e dai fondi europei PON Cultura e Sviluppo. Un intervento volutamente non invasivo, concepito per non sovrastare le rovine senza sovrastarle, come un sussurro che accompagna il visitatore dentro un paesaggio in cui archeologia e natura si fondono. Rovina Inversa capovolge la logica costruttiva e ribalta la monumentalità, lasciando emergere un’architettura “fantasma” che apre spazio visivo alle testimonianze antiche. Antonio Oriente, direttore artistico del progetto Siris per STUDIO STUDIO STUDIO, racconta come l’idea della Rovina Inversa sia nata già nel 2021, durante una residenza immersiva che ha riannodato il filo tra territorio e creatività: invertire la materia, suggerire forme accennate che “restituiscono un’idea di incompiutezza, la percezione della fragilità del tempo che non viene cancellata dal restauro - l’evidenza illusoria del passato – o dalla ricostruzione – l’evidenza illusoria del presente”.
<h2>IN BASILICATA L'INTRECCIO TRA ARCHEOLOGIA E ARTE CONTEMPORANEA</h2>
Chora, invece, affida a un percorso scultoreo il compito di restituire il senso del rito e della cura, trasformando l’area in un luogo di peregrinazione intima. I percorsi di Aparicio e Magaldi affondano nelle radici rituali del luogo, dai culti demetriaci agli ex voto, fino ai riti arborei come il Maggio di Accettura, indagati per comprendere come il sacro continui a mutare. 
Arbosonica, infine, aggiunge una dimensione sonora che non isola, ma assorbe: musiche e testi sembrano nascere dal bosco stesso, richiamando l’idea mediterranea del suono come manifestazione divina. L’obiettivo è offrire una narrazione accessibile anche ai non specialisti, capace di parlare in profondità a chiunque desideri attraversare il sito. La collaborazione con Fabris e Pes costruisce una geografia dell’invisibile che non richiede schermi né cuffie: un’esperienza immersiva ma non isolante, che restituisce al visitatore una “dimensione meta-fenomenologica che ci invita a guardare e ascoltare ciò che avviene fuori e dentro ciascuno di noi, creando una dimensione senza tempo o fuori dal tempo”, conclude Oriente.
[Immagine in apertura: Gijs Van Vaerenbergh, Rovina Inversa - Siris. Foto © Roberto Conte]

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Le scritte al neon di Marcello Maloberti a The Square

La storia del tatuaggio raccontata da una mostra immersiva

Ha debuttato il 6 novembre a <a href="https://arte.sky.it/news/2025/mostre-autunno-2025-torino" target="_blank">Torino</a> Tattoo 3D, l’originale installazione interattiva che accompagna i visitatori alla scoperta delle riproduzioni dei <a href="https://arte.sky.it/archivio/2021/01/libro-tatuaggio-henk-schiffmacher" target="_blank">tatuaggi</a> collezionate oltre un secolo fa da <a href="https://arte.sky.it/video/la-nave-dei-folli-oltre-la-ragione-ep5-lombroso-e-tolstoj-985437" target="_blank">Cesare Lombroso</a>. Allestito all’interno dell’Aula Magna del Palazzo degli Istituti Anatomici, il progetto multimediale offre la possibilità di osservare le antiche immagini raccolte dal noto antropologo partendo da una prospettiva inedita. Un grande display visualizza infatti le riproduzioni, impiegando le più moderne tecnologie 3D per garantire un’esperienza immersiva senza precedenti.
Ritrovata solo nel 1993 e sottoposta a un accurato restauro, la collezione originale è oggi custodita presso il confinante Museo di Antropologia criminale, intitolato proprio allo studioso veronese. Queste riproduzioni documentano il particolare interesse sviluppato da Lombroso verso la fine dell’Ottocento per il fenomeno del tatuaggio, che l’antropologo considerava un potenziale indicatore di tendenze criminali. Benché tali teorie siano state nel tempo accantonate, la raccolta di immagini costituisce oggi un documento prezioso per tutti gli appassionati di storia del tatuaggio.
<h2>A TORINO UNA NUOVA INSTALLAZIONE MULTIMEDIALE DEDICATA AI TATUAGGI</h2>
Tra i diversi filoni di indagine seguiti da Lombroso nel corso della sua carriera, quelli dedicati al tatuaggio produssero uno degli studi più ampi e avanzati nell’ambito dell’antropologia criminale. A partire dalla metà del XIX secolo, infatti, l’allora medico militare iniziò a interessarsi ai simboli pittorici osservati sulla pelle dei suoi pazienti, fino a commissionare negli anni successivi una serie di accurate riproduzioni in grande formato.
Nella prospettiva lombrosiana, un tatuaggio poteva facilmente legarsi all’istinto criminale, in quanto possibile spia di tratti caratteriali primitivi e di una singolare insensibilità al dolore fisico. Le sue ricerche diedero vita a un ampio dibattito tra gli studiosi, favorendo al tempo stesso la nascita delle prime collezioni di immagini di tattoo. Ora l’installazione inaugurata a Torino offre una nuova prospettiva, capace di coniugare “documentazione storica, riflessione sui principi etico-giuridici della divulgazione contemporanea e potenzialità dell’esperienza digitale nella rappresentazione museale del corpo umano”, come evidenziato dal professor Silvano Montaldo, direttore scientifico del <a href="https://arte.sky.it/archivio/2019/09/mostra-fotografie-lombroso-museo-cinema-torino" target="_blank">Museo Cesare Lombroso</a>.
<h2>L'INTERPRETAZIONE DEI TATUAGGI SECONDO CESARE LOMBROSO</h2>
Dopo essere stata consultabile per oltre trent'anni solo attraverso un monitor, l’importante collezione di Cesare Lombroso rappresenta il fulcro dell’innovativa esperienza immersiva. La tecnologia impiegata nella realizzazione di Tattoo 3D offre infatti ai visitatori la possibilità di prendere visione dei tatuaggi in grafica tridimensionale su avatar riprodotti a grandezza naturale. Ogni immagine è poi corredata da una scheda di approfondimento, che presenta i dati biografici del soggetto ritratto, un’analisi dei simboli tatuati sul suo corpo e un interessante excursus storico sul parere di Lombroso e degli altri studiosi del tempo in merito a queste forme di espressione creativa.
L’installazione torinese è stata resa possibile dai finanziamenti legati al partenariato di ricerca della Fondazione CHANGES, impegnata nello sviluppo di nuovi sistemi digitali per la fruizione del patrimonio culturale. La nuova esperienza immersiva offerta da Tattoo 3D invita il pubblico a scoprire un capitolo importante della storia moderna dell’antropologia, evidenziando al tempo stesso l’evoluzione dell’<a href="https://arte.sky.it/news/2023/storia-tatuaggio-libro" target="_blank">arte del tatuaggio</a> nel corso degli ultimi secoli.
[Immagine in apertura: credit Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso”]

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